SERVIZI ALLA PRIMA INFANZIA E REDDITO DELLE DONNE. VENETO FANALINO DI CODA DELLE REGIONI DEL NORD

Pubblicato da il 28 Agosto 2021
Sotto la guida del centrodestra il Veneto è rimasto pesantemente indietro rispetto alle altre regioni del Centro Nord Italia per quanto riguarda i servizi alla famiglia. Un gap che si riflette pesantemente anche sullo sviluppo dell’economia locale, dal momento che viene a mancare il fondamentale apporto di una parte consistente della popolazione femminile. Questo quanto emerso dal dibattito su Parità salariale e lavoro svolto ieri sera alla Festa Democratica della Quarta Circoscrizione ai giardini di via Prina alle Golosine.
 
La consigliera regionale VANESSA CAMANI ha illustrato i contenuti del progetto di legge per la parità retributiva e per la promozione del lavoro femminile stabile e di qualità che si fonda sull’attribuzione di premialità alle imprese che si dotano di una politica di parità di genere e ne rendono disponibili i risultati.

Una misura di cui c’è urgente bisogno dato che, come spiegato dalla portavoce delle Donne Democratiche del Veneto CLAUDIA LONGHI, la crisi sanitaria ha colpito pesantemente le categorie che erano già più svantaggiate prima della crisi tra cui le donne ma anche i giovani. Nel 2019 il 17% delle donne lavorava a tempo determinato mentre quelle in part time erano un terzo del totale delle occupate contro l’8,7% degli uomini. La percentuale saliva al 42% tra le donne senza diploma. Il 90% delle persone che ha perso il lavoro a dicembre 2020 sono donne, mentre su base annuale le donne sono il 70% dei nuovi disoccupati del 2020.

La consigliera comunale ELISA LA PAGLIA ha messo in rilievo che sono ancora pochi in tutta Italia i posti disponibili nei servizi alla prima infanzia. Le uniche regioni che raggiungono e superano l’obiettivo del 33 posti ogni 100 bambini dai zero ai due anni (in strutture pubbliche o private) sono la Valle D’Aosta, l’Umbria, l’Emilia Romagna, la Toscana e la Provincia di Trento. Il Veneto, con una offerta inferiore al 30%, si colloca leggermente al di sopra della media nazionale (tenuta bassa dalle scarse performance delle Regioni del Sud) ma pur sempre nella parte inferiore della classifica nazionale assieme a Sardegna, Marche, Piemonte.

Ancora peggiori i dati relativi agli investimenti dei Comuni veneti: la spesa pro capite per ogni bambino tra i zero e i due anni residente da noi è tra le più basse d’Italia, al livello delle Regioni del Sud: appena 551 euro contro i 2.235 della Provincia di Trento, i 1.929 della Valle D’Aosta, i 1.724 dell’Emilia Romagna; i 1.654 del Lazio, 1 1.485 della Toscana, e via elencando. Di conseguenza, anche la percentuale di bambini dai zero ai due anni coperti dai servizi per la prima infanzia nei Comuni del Veneto è molto più bassa che altrove: appena 10,7 bambini ogni 100, contro i 25,5 della Valle D’Aosta, i 24,8 dell’Emilia Romagna, i 24,3 della Provincia di Trento, i 22,7 del Friuli, i 21,5 della Toscana.

La grave carenza di servizi della prima infanzia ha un effetto devastante sulle donne in età fertile per le quali il ricorso al parti time si configura come scelta obbligata nel 50% dei casi, e con un taglio retributivo rispetto agli uomini che sfiora il 40%. Nella nostra regione il differenziale salariale sul complesso della popolazione è del 23% a svantaggio delle donne a parità di ore lavorate.