IL PUNTO DEL SEGRETARIO

Pubblicato da il 1 Agosto 2021

Caporalato, questione di legalità e di cultura

Lo sconvolgente caso di caporalato alla Grafica Veneta che vede vittime lavoratori pakistani praticamente ridotti in schiavitù da altri connazionali appartenenti ad una sedicente cooperativa, ha il merito, per così dire, di rendere evidente anche al grande pubblico quello che gli addetti ai lavori sanno e segnalano già da tempo, ovvero che il fenomeno non è soltanto un retaggio del passato e non interessa soltanto i settori poveri dell’economia.
Il caporalato è un problema attuale e urgente che riguarda tutti i settori economici e può integrarsi perfettamente anche con le eccellenze produttive che spesso ricorrono a cooperative o altro tipo di società per la fornitura di manodopera.
Grafica Veneta, su cui sono in corso le indagini della magistratura, è una di queste eccellenze. Si ricorderà agli esordi della pandemia la prima fornitura di massa di mascherine che furono donate dall’azienda alla Regione Veneto da parte del patron Fabio Franceschi (che non risulta indagato a differenza di due suoi manager) da sempre molto vicino al centrodestra regionale.
Anche la provincia di Verona è stata teatro di situazioni simili con episodi portati alla luce negli ultimi 4 anni dalle Forze dell’ordine. Ricorrere al lavoro irregolare, pagato com’è emerso 5 euro l’ora anziché gli 11 euro previsti dal contratto di lavoro di categoria; utilizzare i caporali, sfruttare quindi i lavoratori, non può essere il metodo seguito per superare i momenti di crisi del settore agricolo, ad esempio, che ha dovuto fare i conti con i danni causati da fenomeni naturali inattesi e conseguenza dei cambiamenti climatici che ci ostiniamo a sottovalutare.
Ma il fenomeno interessa anche il settore edile e il manifatturiero, come abbiamo visto col caso Grafica Veneta.
A farci girare la testa dall’altra parte spesso è un certo tipo di fondamentalismo culturale che sostiene essere impossibile l’integrazione tra culture diverse e brandisce il pericolo di una sorta di contaminazione culturale a causa dell’immigrazione. Una “moderna” forma di razzismo che dissemina di ostacoli l’accesso alla cittadinanza anche delle seconde o terze generazioni di immigrati, rendendo patologica la segregazione per linee etiche.

I sindacalisti raccontano che nei magazzini della logistica vengono alzati dei muri a dividere la parte gestita dai latino americani da quella gestita dagli europei, asiatici, maghrebini o centroafricanii. Nei campi, nell’edilizia accadono le dinamiche che ormai abbiamo imparato a conoscere.
Il Ministro del Lavoro Andrea Orlando ha già disposto il rafforzamento dell’attività dell’Ispettorato nazionale del lavoro, anche in vista degli obiettivi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che prevede di aumentare del 20% nel triennio 2022-2024 il numero e l’efficacia delle ispezioni contro il lavoro nero e il caporalato. Sono in fase di predisposizione linee guida nazionali in materia di identificazione, protezione e assistenza alle vittime di sfruttamento lavorativo in agricoltura. Tra le misure già adottate, un sistema di verifica della congruità dell’incidenza della manodopera impiegata nella realizzazione di lavori edili.
Bene quindi la lotta del governo al sommerso, con l’obiettivo di ridurre sensibilmente la distanza del nostro Paese rispetto alla media europea nella diffusione del fenomeno. Noi, come cittadini e come parte della comunità del Partito Democratico, dobbiamo dare il nostro contributo alla lotta contro lo sfruttamento del lavoro semplicemente militando per la legalità, perché caporalato e mafie si alimentano l’un l’altra, ma anche lavorando per un corretto inquadramento del fenomeno migratorio e della cittadinanza ai nuovi italiani.
Le criticità non si superano soltanto con le leggi, è una questione principalmente culturale.

Maurizio Facincani
Segretario Provinciale