IL PUNTO DEL SEGRETARIO

Pubblicato da il 29 Maggio 2021

Sblocco dei licenziamenti: la ripresa non deve aumentare le disuguaglianze.

150 mila, 500 mila o 2 milioni? Nessuno sa dire con esattezza quanti siano i posti di lavoro a rischio in Italia perché nessuno conosce con precisione lo stato di salute delle imprese, le strategie dei manager, ne le tendenze nelle filiere internazionali del valore che determinano anche le scelte delle Piccole Medie Imprese italiane, venete e veronesi. Lo sblocco dei licenziamenti previsto dal 1° luglio rischia pertanto di trasformarsi nell’apertura di una sorta di vaso di Pandora.
La linea prudenziale tenuta dal Ministro del Lavoro Orlando, che era per prorogare il blocco dei licenziamenti almeno fino a fine agosto, è stata duramente contrastata da una parte delle associazioni datoriali che vogliono riprendere al più presto i pieni poteri in azienda. Non ha aiutato l’atteggiamento flaccido e ondivago della Lega che a parole si è detta per la difesa dei lavoratori ma nei fatti tale linea si è sciolta come neve al sole.
Sempre grazie al Pd, e malgrado Salvini, si è comunque arrivati ad una buona base di compromesso, che dal 1° luglio scambia cassa integrazione gratuita con l’impegno a non licenziare fino al 31 dicembre, suscettibile di ulteriori perfezionamenti che possono avvenire in sede di conversione in parlamento del Decreto Sostegni Bis.
Come osserva l’ex Ministro Cesare Damiano, è importante mettere in sicurezza fino a dopo l’estate i lavoratori dei settori più esposti del terziario, commercio e artigianato appartenenti a piccole unità imprenditoriali, e in questo senso la nuova tranche della cassa integrazione europea Sure può essere di grande aiuto.
Bisogna fare professione di realismo. La realtà è che ci si avvia ad una ripresa ancora incerta, senza aver portato a termine la riforma degli ammortizzatori sociali e con una struttura produttiva spesso lontana anni luce dalla svolta ecologica e digitale profetizzata dal Piano nazionale di ripresa e resilienza. La stessa situazione sanitaria, pur in netto miglioramento, presenta ancora grandi criticità: i morti con Covid viaggiano ancora ad una media di 170 al giorno. Meno del 20% della popolazione ha completato il ciclo vaccinale e c’è la prospettiva ormai certa di dover effettuare una terza dose in autunno.
I pericoli di una ripresa selvaggia sono evidenziati dalla piaga delle morti sul lavoro, che nei primi tre mesi del 2021 sono aumentate dell’11%. Bene quindi che sia stata archiviata l’ipotesi di reintrodurre il massimo ribasso negli appalti e mantenuta una soglia per i subappalti. Oltre che ecologica e digitale, la ripresa deve essere anche sociale e umana.
I report periodici di Veneto Lavoro ci dicono che nella nostra Regione nei primi 4 mesi dell’anno i posti di lavoro sono cresciuti di 18 mila unità, un grosso passo in avanti rispetto alle -9.400 unità del 2020 ma ancora molto distanti dalle +44 mila unità registrate nel 2019.
Guardando ai flussi delle assunzioni, il calo rispetto al primo quadrimestre del 2019 è del 34%. Nel solo mese di aprile 2021, complice una Pasqua molto complicata, la forbice con il 2019 si è allargata al -43%, soprattutto per quanto riguarda le donne, per le quali il calo delle assunzioni ha toccato il 50%.
Non è rilancio quello che si accanisce sulle categorie già penalizzate.
Sul fronte delle crisi aziendali, malgrado il sostanziale congelamento del mercato del lavoro, durante il 2020 in Veneto sono state avviate 112 procedure di crisi da parte di 97 aziende, per un totale di oltre 8.600 lavoratori coinvolti.
Stessa musica nel veronese, dove la Camera di Commercio locale registra per il 2020 un saldo zero: 4.713 nuove imprese iscritte e 4.712 cancellate. Sempre in base agli stessi numeri, la zona della Pianura veronese sta conoscendo una lenta ma inesorabile emorragia di imprese: rispetto a vent’anni fa le imprese registrate nei 25 centri della Bassa sono passate da 16.699 a 14.363, con una perdita netta di 2.336 ditte. Colpiti soprattutto i settori tradizionali come il mobile, l’imprenditoria femminile e quella giovanile.
Difronte a questi dati fa ridere sentire alcuni commentatori richiamare l’Unione Sovietica in relazione al mantenimento del blocco dei licenziamenti. Dovremmo piuttosto fare attenzione alle facili euforie da rilancio. Le leggerezze dell’estate 2020 ci sono costate una terribile seconda ondata. Quelle del 2021 rischiano di portarci ad un autunno bollente.

Maurizio Facincani
Segretario provinciale