“Povertà educativa, numeri e proposte per Verona”

Pubblicato da il 14 Aprile 2021

Nel nostro sistema di istruzione ci sono marcate differenze sociali, le differenze socioeconomiche familiari incidono fortemente sulle opportunità scolastiche dei figli, i figli dei laureati hanno 9.5 volte più possibilità di ottenere la laurea rispetto a ragazzi e ragazze con genitori con la scuola dell’obbligo, in queste famiglie è più alto il reddito (Istat 2013) e minore l’abbandono scolastico (Istat, rapporto Bes “Benessere equo e sostenibile in Italia” 2014). Gli studi economici e psicologici confermano che la povertà educativa si trasmette tra le generazioni e che gli effetti dello svantaggio socioculturale si incrementano con il tempo per questo sono fondamentali interventi precoci.

Ricordiamo l’art.34 della Costituzione e chiediamoci se lo stiamo davvero applicando:

“La scuola è aperta a tutti.

L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita.

I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.

La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso.”

La Didattica a Distanza e la chiusura dei servi all’infanzia sperimentate in quest’anno di pandemia hanno acuito una già allarmante povertà educativa e ampliato il divario sociale all’interno del mondo della scuola. Tuttavia, la possibilità offerta dai prossimi grandi investimenti europei e italiani nel settore dell’educazione deve essere sfruttata per costruire progetti di ampio respiro, senza fermarsi al recupero del danno recente causato dalla pandemia, è necessario cogliere l’occasione per investire contro le disuguaglianze educative profondamente radicate e rimuovere gli ostacoli alla piena realizzazione dei veronesi di domani.

Se la città che tutti noi abbiamo in mente per il futuro non vuole discriminare i minori in base agli strumenti socioeconomici e culturali che la famiglia d’origine può fornire loro, la scuola e i servizi all’infanzia devono essere il luogo delle pari opportunità, dell’inclusione, dell’integrazione, del riconoscimento e dello sviluppo dei propri talenti, della crescita individuale e collettiva.

Eppure oggi non è così, ve lo dimostriamo coi numeri: nella nostra città è in crescita il fenomeno della segregazione scolastica, dovuta a ragioni territoriali, economiche e culturali. Vale a dire che esistono scuole frequentate in prevalenza o in via esclusiva da bambini con genitori di origine straniera e altre frequentate da soli bambini con genitori italiani. L’incanalamento che si verifica fin dalla tenera età si riproduce spesso anche nei successivi ordini scolastici consolidando una tendenza che è contraria ai valori di integrazione e confronto richiesti al sistema educativo per formare cittadini consapevoli e preparati e ostacola gli interessi stessi degli studenti, cui viene a mancare un grande stimolo alla realizzazione di sé: il confronto con l’altro, con chi è diverso. Tale tendenza va analizzata e affrontata con politiche e progetti adeguati, sempre nel rispetto della libertà di scelta dei genitori.

Come evidenzia lo studio che abbiamo condotto con i numeri resi disponibili dagli uffici comunali, dal Ministero dell’istruzione, dal Cestim, dall’associazione Fism e dalle altre scuole paritarie coinvolte, il fenomeno della segregazione scolastica nella nostra città è particolarmente marcato nelle scuole dell’infanzia. Esso ha una radice importante, non tanto o non solo nella struttura dell’offerta educativa di questo ordine scolastico, frammentata tra scuole statali, comunali, paritarie di ispirazione laica e di ispirazione religiosa, ma dipende anche e soprattutto da fattori economici e sociali che influenzano in primo luogo le scelte e le preferenze dei genitori. Solo a titolo esemplificativo citiamo: il contesto comunitario di riferimento, i regolamenti di iscrizione, le diverse rette scolastiche e della mensa, la non omogenea distribuzione sul territorio delle fasce più deboli, le reali possibilità di conciliazione dei tempi della famiglia con il lavoro dei genitori, le possibilità di spostamento, l’accesso alle informazioni ecc.

Da questa ricerca siamo state spinte a lavorare sulla povertà educativa, di cui la segregazione scolastica è solo un aspetto. Lo sviluppo cognitivo, relazionale e comportamentale dipende dal contesto di riferimento, è un fattor di sistema, su cui possiamo agire come ente locale, come comunità educante. Rimuovendo gli svantaggi socioculturali per ampliare le interazioni in qualità e quantità quando più è efficace, nei primi anni di vita.

Per dare una prima risposta a queste criticità si propongono alcuni emendamenti al bilancio di previsione 2021

Un primo emendamento prevede di spostare un totale di 2 mila euro per finanziare una ricerca qualitativa, tramite interviste e questionari, che indaghi le ragioni della scelte che i genitori effettuano per i propri figli nella scelta della scuola dalla fascia dei servizi all’infanzia 0-6, nei vari passaggi e fino alle scuole superiori, per analizzare il fenomeno della segregazione scolastica, indagare la mobilità scolastica nel nostro comune e le progettualità educative che maggiormente raccolgono l’interesse dei genitori.

Un secondo emendamento e più rilevante perché è la base della proposta che facciamo per recuperare il divario tra ricchi e poveri: nella fascia 0-6 proponiamo di investire 25.000 euro in progetti educativi nell’apprendimento del linguaggio.

Le scienze educative individuano nella lettura ad alta voce, il gioco e nella musica alcuni degli strumenti più efficaci per potenziare le capacità linguistiche e relazionali. Possono pertanto aiutare ad integrare meglio i bambini con background migratorio sostenendo il bilinguismo e gli apprendimenti scolastici successivi.

Se vogliamo affrontare seriamente il tema della povertà educativa saranno inoltre fondamentali tavoli di coordinamento tra settore scuola del Comune, l’ufficio scolastico provinciale e le scuole private paritarie per coordinare le iscrizioni e coordinare le tariffe.

Ci poniamo l’obiettivo di colmare il gap linguistico prima dell’ingresso nella scuola dell’obbligo, attraverso la formazione delle insegnanti e degli insegnanti e di progetti specifici.

Esperienze molto positive coinvolgono nel percorso dell’apprendimento linguistico anche le madri. Pur invitando sempre la madre a utilizzare la sua lingua di origine con i figli, la sua conoscenza dell’italiano aiuta la relazione in famiglia ma anche, moltissimo, la sua stessa indipendenza socioeconomica. 

Un terzo emendamento si propone di attivare collaborazioni di vicinato, ci chiama tutti in causa, si tratta dell’affido culturale, per creare una comunità educante diffusa e solidale tra famiglie. Attraverso esperienze culturali condivise, famiglie/nuclei di persone stringono un Patto Educativo monitorato dalla Scuola, partner del progetto. Da un lato i bambini meno stimolati possono cogliere l’opportunità creativa, cognitiva, emotiva di confrontarsi con il nostro patrimonio culturale, artistico, naturalistico; dall’altro si incrementa la domanda di servizi culturali per bambini, a beneficio di imprese, aziende e servizi del settore.

Inoltre ad oggi il concetto di affido viene collegato a famiglie fragili, il valore aggiunto di utilizzare il termine “affido culturale” può aiutare ad allargare l’utilizzo di questa forma di collaborazione tra famiglie con la supervisione dei servizi del territorio.

Altri emendamenti si propongono di sostenere la maternità e la genitorialità già dalla gravidanza, come previsto dalle linee guida ministeriali per i primi 1.000 giorni dei bambini e dei loro genitori, lo sviluppo cognitivo dei bambini inizia già nell’ultimo periodo della gestazione. Attraverso l’ostetrica a domicilio e l’agenda dalla gravidanza, non rivolti solo alle famiglie fragili, già seguite dai servizi o segnalate dagli ospedali, ma a tutte le famiglie veronesi, offriremo alle famiglie strumenti fondamentali per la prevenzione di patologie e di disparità.

Dobbiamo stringere un patto educativo che abbia come obiettivo non lasciare indietro nessuna scuola, nessuno studente.

Forniamo a tutti i bambini e bambine di Verona quella dote di 1000 parole di cui parlava Don Milani per ridurre le disuguaglianze e dare pari opportunità.

A questo patto sono chiamate le istituzioni, comune, provveditorato, dirigenti scolastici e privato sociale e tutta la comunità veronese.

Per una maggiore equità è necessario che Verona offra il massimo delle sue opportunità ai minori, il nostro investimento per il futuro.

Elisa La Paglia

Costanza Motta

Daniela Pili

Luigi Ugoli

 

Intervento di Daniela Pili in conferenza stampa

La mancanza di equità, opportunità e relazioni nelle scuole è un problema serio ed attuale che minaccia la potenzialità dell’istruzione quale ascensore sociale nel medio e lungo periodo.

La segregazione scolastica è una faccia della segregazione economica, infatti viviamo ancora in una società nella quale il contesto familiare di provenienza determina la realizzazione personale e professionale. 

I dati che abbiamo elaborato li possiamo accostare ad un dato significativo dell’Università di Verona:

Consideriamo che l’ateneo di Verona da alcuni anni garantisce la borsa di studio a tutti gli idonei. Gli Studenti (esclusi iscritti a dottorato e master) sono 25.564. Di questi, il 9,7% gode della borsa di studio. La borsa è legata a criteri di reddito e merito ma dando una lettura ampia al fenomeno, significa che solo una piccola percentuale degli studenti proviene da un contesto economico di difficoltà e che oltre il 90% degli studenti iscritti all’Università proviene da famiglie con un reddito medio ed alto.

È chiaro che l’Università, seppur formalmente accessibile a tutti, nei fatti non lo è. Non lo è per una serie di ragioni legate al periodo pre-universitario.

Lavorare affinché ogni bambino e bambina possa scegliere chi essere e cosa fare nella propria vita, a prescindere dalla propria situazione sociale ed economica, deve essere una priorità assoluta di una società civile.

Intervento di Costanza Motta in conferenza stampa

La forza di questa proposta risiede nel conciliare due grandi pilastri sociali della sinistra: la scuola e l’integrazione. La scuola infatti è il luogo dell’educazione intesa in senso ampio: l’educazione culturale, ma anche l’educazione alla cittadinanza. La scuola è, dopo la famiglia, una delle prime forme di comunità che tutti noi sperimentiamo. Proprio per questo dobbiamo porci il problema di come le relazioni interpersonali vengono affrontate dall’istituzione scolastica e soprattutto porci l’obiettivo di eliminare le disuguaglianze all’interno di essa, favorendo l’integrazione e l’accoglienza della diversità.

L’idea di curare l’apprendimento della lingua fin dalla prima infanzia è vincente laddove la lingua è lo strumento fondamentale di comunicazione e quindi di integrazione e di sviluppo. Quello che qui si propone è quindi un’attenzione all’apprendimento del linguaggio non solo da parte del bambino, ma anche della madre, spesso la maggiore esclusa in questi contesti di famiglie migranti.

La speranza è quella di risolvere con azioni concrete il divario sociale delle famiglie di stranieri, senza abbandonarle a se stesse o lasciarle “a casa loro”.

Il ruolo dell’educazione si esplicita proprio in questo, fornendo ai bambini e ragazzi di seconda generazione tutti gli strumenti, culturali, linguistici e relazionali, per sentirsi non solo italiani, ma anche veronesi.

Analisi dati, da questa ricerca siamo state spinte a lavorare direttamente sulla povertà educativa, di cui la segregazione scolastica è solo un aspetto:

37% scuole infanzia statali e comunali hanno un numero di iscritti con cittadinanza non italiana maggiore al 30%, un numero maggiore alla percentuale di bambini “stranieri” presenti nella nostra città (27%), a fronte di un 5% di scuole paritarie private, aderenti all’associazione Fism o gestite da cooperative.

Nelle scuole private di primo grado, primarie e secondaria, nessuna scuola supera il 15% di bambini “stranieri”.

Il fenomeno della segregazione è leggibile non solo nel confronto pubblico/privato ma anche tra scuole pubbliche nel medesimo quartiere, arrivando ad avere il 29% delle scuole elementari con più del 30% di bambini stranieri, il 12 % sopra il 50%. Alle medie, scuole secondarie di primo grado, il numero di scuole con >30% sono il 37%, 7 scuole su 19.

Non è in discussione l’offerta formativa sempre molto elevata ma la distribuzione dei bambini in diverse scuole anche all’interno del medesimo quartiere, ma come suggerisce la ricca ricerca sulla segregazione scolastica nella città di Milano la soluzione passa dalla collaborazione tra le stesse scuole e tra le scuole e il territorio, evitando di vivere l’autonomia scolastica come competizione.

I numeri dei bambini figli di genitori con background migratorio è maggiore di quello che emerge dal dato della mera cittadinanza. Le scuole che superano il 50% di studenti con cittadinanza non italiana in realtà arrivano anche ad un 100% di famiglie con background migratorio, molti dei quali da lungo tempo nel nostro paese hanno già ottenuto la cittadinanza.