IL PUNTO DEL SEGRETARIO

Pubblicato da il 10 Aprile 2021

SALVATAGGI IN MARE, IMPERATIVO CATEGORICO. E UNA NUOVA POLITICA MIGRATORIA EUROPEA

Affrontare l’emergenza sanitaria non può essere l’unico pensiero di un governo e di una forza politica. Il mondo non si ferma in attesa del superamento della pandemia e preoccuparsi solo di salute e dei suoi riflessi sulla vita economica nazionale non fa venir meno altre emergenze, semmai le amplifica.
La questione di chi fugge da guerre, povertà e carestie oggi è più grave che mai, ma sembra sfuggire al controllo e alla capacità di intervento di un’Europa che ha fatto bene sull’economia con il Recovery Fund ma sulle migrazioni si mostra incapace di definire una linea di intervento autonoma e comune.
La rotta balcanica vede ancora migliaia di esseri umani intrappolati nel rigido inverno slavo, affamati e inascoltati nella loro richiesta di poter avanzare una domanda di asilo, mentre tutto attorno governi dichiaratamente illiberali militarizzano le frontiere e seminino odio etnico e razziale al proprio interno.
L’incompetenza ha regnato sovrana sull’altro grande filone dell’immigrazione verso il Vecchio Continente, la rotta mediterranea. E come se non bastasse gravi ombre sono calate sull’agenzia europea Frontex che avrebbe preso parte a respingimenti illegali in Grecia e sul confine Croato.
In Italia la questione migratoria è tornata a far capolino sui titoli di testa di giornali e telegiornali soltanto grazie alla gaffe del presidente del Consiglio Mario Draghi durante la sua recente visita diplomatica in Libia, durante la quale ha ringraziato il governo di Bengasi per “i salvataggi in mare” scordandosi però di menzionare il mancato rispetto dei diritti umani nei campi profughi libici, dove, come certificato anche dall’Onu (che lì entra grazie agli accordi stretti dai governi italiani di centrosinistra) avvengono violenze e sfruttamenti intollerabili.
Non si tratta, purtroppo, di un “eccesso di diplomazia”: sempre Draghi, a margine all’umiliazione inferta ad Ursula von Der Leyen, ha definito il premier turco Erdogan un dittatore, ma ha aggiunto che “con questi dittatori si ha bisogno di collaborare, bisogna essere franchi per affermare la propria posizione ma anche pronti a cooperare per gli interessi”.
Un’Europa che delega gli affari sporchi sull’immigrazione all’autocrate Erdogan nega se stessa; se inoltre è disposta non solo a pagare ma anche a farsi umiliare significa che è disposta a rinunciare ai suoi principi fondamentali, tra cui la parità tra uomo e donna.
Un deciso intervento politico sulla questione delle migrazioni viene richiesto da più parti: mercoledì scorso, con un sit-in davanti a Montecitorio, il padre comboniano Alex Zanotelli è tornato a proclamare il “digiuno di giustizia” contro “le sempre più pesanti politiche migratorie di Draghi e Lamorgese”. Zanotelli ha ricordato che “nei primi tre mesi di quest’anno sono già stati inghiottiti dal mare dai 640 ai 1200 migranti”.
Bene quindi ha fatto il Segretario Pd Enrico Letta a chiedere un cambio di registro al governo a cominciare dai salvataggi in mare, che devono diventare un imperativo assoluto di qualunque governo. Il PD deve farsi promotore di questo cambio di passo chiedendo innanzitutto il superamento del ruolo della guardia costiera libica secondo le indicazioni delle Nazioni Unite e del Consiglio d’Europa.
Cambiare significa essenzialmente creare corridoi umanitari tra le coste libiche e l’Europa mettendo fine ai pericolosi viaggi della speranza; stroncare il business dei trafficanti di essere umani e dare ascolto alle richieste di una parte del mondo che muore di povertà, guerre e carestie. Gli unici corridoi umanitari aperti finora sono stati quelli del progetto Mediterranean Hope avviato dalle chiese evangeliche assieme alla Comunità di Sant’Egidio.
Il Partito Democratico deve impegnarsi di più per ottenere una nuova politica migratoria, scevra da ogni alibi sovranista, nella quale deve trovare necessariamente un ruolo l’Europa unita. Non possiamo sacrificare principi per noi sacrosanti sull’altare della governabilità ed essere sempre vittime del senso di responsabilità.

Maurizio Facincani
Segretario Provinciale