IL PUNTO DEL SEGRETARIO

Pubblicato da il 23 Gennaio 2021

La posta in palio

La cassa integrazione in deroga, il blocco dei licenziamenti e gli incentivi alle stabilizzazioni introdotti dal Decreto Agosto hanno contribuito a tamponare un 2020 che per il mercato del lavoro Veneto avrebbe potuto essere disastroso: secondo il rapporto annuale di Veneto Lavoro la regione ha chiuso l’anno funesto con un saldo occupazionale negativo di 11.400 unità, pari a circa l’1% degli occupati prima della pandemia.

A fare le spese del primo anno di pandemia sono stati quasi esclusivamente i precari, soprattutto del settore turistico. Mentre i contratti a tempo indeterminato sono cresciuti di 26 mila unità, con una accelerazione a dicembre dovuta agli incentivi del Decreto Agosto (+81% di stabilizzazioni rispetto allo stesso mese del 2019), i contratti a termine chiudono infatti il 2020 con un – 31.800 unità.

Al 31 dicembre 2020 l’occupazione nel Veneto è quindi tornata ad attestarsi sui livelli della seconda metà del 2017, anno in cui la regione recuperava i posti bruciati nella lunga crisi del 2008. Ora sta alla politica e alle forze sociali fare in modo che, dopo lo sblocco dei licenziamenti, questo smottamento dell’occupazione non si trasformi in una valanga.

Tutti, dal mondo delle imprese alle organizzazioni sindacali, mostrano di condividere le direttrici di investimento previste dal Recovery Plan. Commentando la conferma di Enrico Carraro alla presidenza della Confindustria Veneta, l’omologo veronese Michele Bauli ha richiamato l’impegno per “il piano regionale che entrerà a sua volta in quello nazionale per la ripresa e la resilienza, sul quale noi imprenditori veronesi riteniamo che ci debba essere uno sforzo per le infrastrutture e la digitalizzazione, asset strategici per lo sviluppo”.

Del resto non c’è proprio nulla da inventare: l’Europa e il Mondo intero sono in grave ritardo sulla questione ecologica, che oggi si gioca, oltre che sull’educazione, anche sul governo dei processi che le nuove tecnologie portano ad un più alto livello. Di qui la ragionevole convinzione che tale progresso possa creare lavoro nuovo e buono.

Dobbiamo però vivere con apprensione il timore che le vicende politiche del nostro Paese minino il consolidamento della svolta registrata in Europa negli ultimi mesi, con la decisione di fare debito comune. La crisi di governo aperta, che speriamo trovi una rapida e positiva soluzione, ai più è apparsa ingiustificata e irresponsabile e rischia di azzoppare in partenza questo processo. La politica, quella seria, dovrebbe farsi carico delle sfide inedite che il nostro Paese ha di fronte, ora che abbiamo a disposizione risorse mai avute prima. Non lo può fare se si fonda sulla distruzione e sui ricatti né sui contenuti di basso livello del dibattito cui abbiamo assistito al Senato, dove comunque il governo ha ottenuto la fiducia. 

Il nostro Paese deve inoltre trovare il modo di dare stabilità al sistema politico. Un tema ancor più stringente dopo il referendum istituzionale che ha ridotto il numero dei parlamentari. Ora occorre una nuova legge elettorale proporzionale, per portare in parlamento rappresentanti dei cittadini espressione di partiti politici strutturati, non di partiti personali.

Il Partito Democratico ha sempre coltivato l’ambizione di riuscire a rappresentare anche i moderati, i democratici e gli europeisti che non sono attratti dal nazionalismo, dal sovranismo e dai tratti illiberali del trumpismo. Se servirà alla stabilità del Paese e se questi elettori non troveranno nel PD la loro casa, auspico che riescano a organizzarsi in una forza politica che allarghi e consolidi il campo progressista.

Sappiamo che occorrono pazienza, senso di responsabilità, caparbietà e saggezza per costruire un’ampia coalizione, a livello nazionale ma anche a Verona e provincia, in vista di importanti appuntamenti elettorali. Il PD mette a disposizione tutte le sue energie, convinto che si possa arrivare a questo importante obiettivo.

Maurizio Facincani

Segretario Provinciale