Elezioni regionali, come affrontarle (e cosa evitare)

Pubblicato da il 14 Gennaio 2020

A maggio voteremo per il rinnovo del Consiglio Regionale del Veneto e del Presidente della Regione.

Rilevo, su questo fronte, tre aspetti.

A quella carica sicuramente si candiderà Luca Zaia. Sembra un paradosso, ma a me pare sempre più strano che quel candidato, idolatrato costantemente per tanti presunti meriti, possa solo e sempre candidarsi in Veneto e mai aspirare ad incarichi di carattere azionale.

Ritengo questo fatto una debolezza di quel politico, quasi non in grado di assumere leadership altre e di rango superiore, nonostante gli venga attribuita la patente di infallibile governatore.

Anche la vicenda agostana, nella quale Salvini ha dimostrato una grande superficialità, non l’ha visto protagonista a sostegno di una prospettiva diversa da costruire attorno alla sua persona. Mah…

Un altro tema è la difficoltà del centrosinistra a proporre il candidato presidente. Sono convinto che non rileva, su questo punto, ne la storica difficoltà in queste terre, ne la sempre paventata impossibilità di vincere le elezioni, ragioni per le quali sarebbe inutile sperticarsi più di tanto, perché il risultato sarebbe già scritto e servirebbe solo individuare “un martire elettorale”. Al contrario, sono convinto che sono le nostre annose debolezze a condurci in queste condizioni di fragilità. Da almeno 3 mandati (15 anni) non emergono figure rilevanti dai nostri gruppi consiliari ed ogni volta individuiamo un candidato esterno alla compagine. La pratica politica normale, sarebbe quella che dal gruppo emergesse un consigliere che per impegno, autorevolezza e riconoscibilità – tutte caratteristiche che nascono dal lavoro quotidiano e dalla forza della sua proposta politica – venisse normalmente incaricato dalla sua comunità politica di essere il proprio rappresentante per la presidenza. Stranamente, questo non avviene e, pertanto, ogni volta siano punto e d’accapo.

Infine, ma non meno rilevante, il compito del PD veronese.

Con i numeri a disposizione, seppure con una certa difficoltà, potremmo aspirare ad avere due seggi in Regione.

Non sarà facile ed è per questo che sono convinto che serva una sostanziale unità di intenti nel partito sullo schema da attuare. Mi spiego meglio: sono persuaso che occorra un accordo tra tutti per evitare contrapposizioni interne inutili e dannose che riverberano i propri frutti anche in altre occasioni.

L’esperienza del 2015 l’ha insegnato. L’approccio a quella consultazione ha ingenerato il rapporto divisivo che ha animato le dinamiche politiche del PD fino alle elezioni comunali di Verona del 2017 nel corso delle quali non abbiamo colto l’occasione storica consegnataci dalla divisione presente nel centrodestra.

Non rivango il passato inutilmente, se non per affermare – per l’esperienza e le conoscenze che ho maturato –  la convinzione che non possiamo permetterci di affrontare le prossime elezioni comunali nelle medesime condizioni, ragioni per cui dovremmo evitare ogni azione identica a quelle compiute cinque anni orsono.

Saremmo anche sulla buona strada, e mi riferisco all’unità sostanziale raggiunta con l’elezione del segretario provinciale unitario.

Quindi, non sprechiamo l’occasione ed individuiamo figure che possano rappresentare l’unitarietà recentemente condivisa. Questo schema comprenderebbe certamente anche le possibili difficoltà conseguenti al caso in cui al Pd venisse assegnato un solo seggio.