Autonomia, Rotta: referendum dei veneti non di un partito. Zaia smetta con la propaganda e apra il tavolo con il Governo

Pubblicato da il 23 Ottobre 2017 0 Commenti

Sono andata a votare, senza clamore ma con convinzione, avendo affrontato un dubbio che ha attraversato tutti noi del Pd: Far prevalere il merito o soffermarsi sul metodo (chi proponeva il quesito e come)? Per qualcuno questa era una situazione lose-lose (tecnicamente nell’angolo): un referendum indetto da Zaia, con un esito scontato come chiedere ad un tifoso di calcio se vorrebbe che la sua squadra vincesse il campionato. Ma per non stare nell’angolo la scelta era tra guardare solo allo strumento o stare al merito della questione. Alcuni non sono andati alle urne contro il metodo, perché altrimenti si favoriva la Lega. Invece, mi chiedo, stare a guardare dalla finestra le istanze dei veneti, ci fa guadagnare rispetto e consenso? Presidiare una questione importante per i cittadini si chiama inseguire o vuol dire piuttosto stare nel merito?
Non possiamo dimenticare che quella del centrosinistra è una storia di federalismo, dalla modifica del titolo V al movimento dei sindaci del Nord est (Cacciari-Illy). Il tema è: c’è una questione veneta oppure no? Si può negare che chi vive tra due regioni a statuto speciale affronta una situazione di disparità, dovendo competere con comuni che pur stando a pochi km agiscono in un regime totalmente diverso? No, non si può negare. E del resto va detto con chiarezza che voler trovare risposte a queste esigenze non significa che non vogliamo rimanere italiani o smettere di contribuire con spirito nazionale e solidaristico. Questo voto non è in distonia con lo spirito solidale dei veneti, che ha la faccia del volontariato più numeroso d’Italia. Come Partito Democratico dovremmo avere il compito e l’ambizione di volerlo raccontare ai nostri amici di tutte le regioni.

Sono i veneti ad aver determinato il risultato, non la Lega. Elettori del M5s, sindaci del Pd e anche Forza Italia hanno contribuito, per questo la bandiera che sventola non è quella verde. Il referendum non corrisponde ad un orientamento politico, ma ad uno spirito della regione.
Capisco e rispetto chi non è andato a votare perché nauseato dalla propaganda e in alcuni casi anche da certe minacce (se non presenti il talloncino non chiedere mai più un servizio alla regione). Ma non accetto che, pensando di fare un dispetto a Zaia, si rinunci a comprendere e accogliere le domande dei cittadini.

E ora? Ora viene il bello.
Luca Zaia, che certamente vorrà restare presidente fino a fine mandato, vada a trattare con Roma sulle competenze, senza più propaganda né illusioni (smettendo di raccontare qualche balla come quella delle tasse venete che potranno restare in veneto, perché sul punto il quesito era stato bocciato in quanto incostituzionale). E’ questo il passo che consentirà di avere più autonomia, il presidente dell’Emilia Stefano Bonaccini lo ha fatto e in fretta ha ottenuto il voto in consiglio regionale e poi si è seduto alle trattative romane. Prima del Veneto.