Riflessioni sull’assemblea provinciale del 4 Luglio

Pubblicato da il 7 Luglio 2016 0 Commenti

In qualità di invitato permanente come membro della Segreteria,  l’altra sera ho preso parte all’Assemblea Provinciale nella quale si è affrontato l’analisi dei risultati alle recenti elezioni amministrative nei comuni veronesi andati al voto. La situazione, per dirla con un eufemismo, “non è entusiasmante”.

Abbiamo perso i comuni dove avevamo amministrato con sindaci capaci e buoni risultati, così come non sono riusciti ad affermarsi candidati di centro sinistra giovani, con capacità progettuale e passione politica.

Gli interventi succedutisi sul palco, dopo una prima analisi del segretario Alessio Albertini sulla discontinuità logica delle scelte aggregative riconducibili all’autonomia dei Circoli, hanno messo in evidenza i limiti del Partito Democratico in questa fase congiunturale del nostro Paese e del nostro Partito, che i più hanno ricondotto a una perdita di consenso da parte del Presidente del Consiglio nonché segretario Matteo Renzi .

In particolare vorrei porre l’attenzione sugli interventi dell’On. Diego Zardini e dell’ex Consigliere regionale Franco Bonfante.

A Diego riconosco la validità dei timori espressi per il dopo referendum sulla riforma costituzionale, il cui respingimento con una maggioranza del NO produrrebbe una inevitabile frattura all’interno del Partito, oltreché del Paese (aggiungo io), mettendo in dubbio la continuità stessa del Partito Democratico come oggi lo conosciamo. Bene, io credo che timori di questo tipo possano valere anche nel caso la maggioranza degli elettori si pronunci per il SI alle riforme, risultato auspicato e per il quale ci adoperiamo quotidianamente, salvo attendersi i soliti voltagabbana capaci di salire al volo sul carro dei vincitori.

Un timore che la dice lunga sulle difficoltà di dialogo all’interno del PD,  come dibattuto nelle più diverse sedi ed evidenziato quotidianamente dai giornali, incapace di trovare una sintesi costruttiva tra l’accelerazione riformista della maggioranza e una sinistra attenta a non perdere valori e visibilità. Quella sintesi che i tanti iscritti, simpatizzanti ed elettori vorrebbero vedere realizzata a beneficio di tutti.

Franco ha posto invece l’attenzione sulle difficoltà del Premier nell’aver perso quella spinta propulsiva inziale che aveva portato al 41% di consenso alle elezioni europee del 2014, attribuibile alla scelta  di un modello comunicativo che non sfonda più come prima aggravato dal tono arrogante di Matteo Renzi nei riguardi dei suoi interlocutori politici e sindacali. Da Fiorentino cresciuto per 28 anni in quell’ambiente e con quello spirito, possa assicurare che di arrogante in Matteo Renzi c’è ben poco, a differenza di qualche altro illustre esponente del Partito che anche di recente, attraverso una puntata di Ballarò, non ha perso occasione per manifestare il suo dissenso e la sua magnificenza prendendo le distanze dalle scelte a maggioranza del Partito Democratico, fino a mettere in discussione la riforma costituzionale votata dal Parlamento. Al contrario, credo che Matteo Renzi sia eccessivamente “sfidante” con i suoi avversari deciso a non dare spazio al contraddittorio, cosa che vale sia negli organismi di partito che nelle sedi  istituzionali: ne sono prova evidente i troppi voti di fiducia sia al Senato che alla Camera dei Deputati. Uno stile tutto personale che non paga quando i risultati attesi non centrano gli obbiettivi  promessi, almeno per quanto riguarda un rilancio complessivo del Paese. Siamo sulla strada giusta, ne sono consapevole,  ma la congiuntura internazionale  e l’enorme peso del debito pubblico non rendono facile il compito; si pensi che solo di interessi sui titoli di stato paghiamo 80 miliardi di euro l’anno per quanto  lo spread  sia mantenuto decisamente basso grazie agli interventi della BCE e per la ritrovata credibilità internazionale del nostro Paese.

All’inizio Matteo Renzi riusciva a parlare al cuore delle persone generando una speranza dopo anni di puro illusionismo. Adesso la questione è cambiata, ora ci si misura sui risultati e quando non hai un asso nella manica o un coniglio nel cappello, quando tutti sono pronti a remarti contro, devi esercitare un maggior pragmatismo e un minimo di umiltà, quella che a Matteo sfugge e che molti non  gli perdonano, lui che vorrebbe essere più realista del Re. Molto più apprezzabile, ultimamente, l’operato nelle sedi istituzionali europee, dove il suo aplomb ne qualifica la capacità di leader riflessivo e preparato.

Ma quello che credo, e temo non sia stato evidenziato nel corso degli interventi dell’altra sera, è che stiamo  sottovalutando una questione morale ed etica che attraversa il Paese e il Partito da sud a nord, con eventi ogni giorno sotto gli occhi di tutti. Hanno nomi e cognomi e vanno dal Governatore della Campania De Luca per i suoi discutibili atteggiamenti, alla Giunta Marino e ai fatti di “Mafia capitale”, dal coinvolgimento della famiglia Boschi  nel crack di Banca Etruria (più o meno veritiero ma passato nell’immaginario collettivo), alla situazione del Monte dei Paschi di Siena, e così avanti fino ad arrivare alle inconcludenti diatribe locali e a qualche scandalo di troppo.

L’Italia e gli Italiani sono stanchi delle tante promesse, chiedono onestà,  serietà,  impegno e risultati soddisfacenti, quasi ne fosse una metafora i recenti accadimenti della nazionale di calcio ai campionati europei : anche se non hai gradi mezzi almeno metticela tutta!

Quando dialogo con la gente al di fuori del Partito e con loro parlo dei problemi del nostro Paese, a maggior ragione se scoraggiati e critici verso tutto e verso tutti, mi rendo conto che gli esempi a cui fanno riferimento sono sempre gli stessi, e non necessariamente la questione degli immigrati o profughi che dir si voglia. Drammatico è il calo di credibilità dei politici e di conseguenza delle istituzioni,  il “mangia mangia” generale, la pratica dei personalismi, la cura degli interessi privati a discapito di quelli della collettività. Ogni giorno, aprendo il giornale, ne troviamo una.

Allora mi chiedo: cosa facciamo quotidianamente per porre rimedio a tutto questo?  Quanto ci distinguiamo dagli altri nella capacità di essere tra la gente e con la gente per capirne le reali necessità e prendere spunto dalle loro osservazioni, per  comprendere se la politica che abbiamo l’ardire di sviluppare nei nostri tanti dibattiti è il linea con le attese di un Paese dalla gradi potenzialità, di un popolo stanco di essere preso in giro, e da una classe imprenditoriale capace di incrementare il PIL in una fase di criticità internazionale.

Per quanto mi riguarda, ritengo si debba ricostruire un senso civico e una partecipazione collettiva a iniziare dalle persone capaci di mettersi in gioco con onestà e capacità progettuale, aprire i Circoli alle idee e alle persone e ridare vivacità alla “base” creando più spazio per le nuove generazioni.

A voi le restanti valutazioni.

Andrea Bicchierai

membro della Segreteria Provinciale

con delega ai Fondi Europei