IL PUNTO DEL SEGRETARIO
Culle vuote e frontiere piene: come affrontare il declino socio-demografico?
Il bilancio demografico del Comune di Verona al 31 dicembre 2020 sembra un bollettino di guerra: popolazione: – 0,4%; nuovi nati: – 11%; immigrati: -23%. Le uniche voci con il segno positivo, a parte i deceduti (+26%), sono gli stranieri e le famiglie straniere (+1,0%).
Si dirà: c’è stato il Covid che ha pesato anche su matrimoni (- 35,9%) e unioni civili (- 11,1%), possiamo tuttavia confidare in un “ritorno alla normalità” già dal prossimo bilancio.
Sì, ma di quale normalità stiamo parlando? Quella che da vent’anni vede un lento declino demografico e un progressivo invecchiamento della popolazione? Secondo lo Spi Cgil, Verona presenta al 2020 un indice di vecchiaia del 209,9 (era del 79,8 nel 1982) con una proiezione del 306,1 al 2030, vale a dire che ci saranno 306,1 ultra 65enni ogni 100 giovani.
Finora il calo demografico è stato tamponato da immigrati e “nuovi italiani” riusciti nell’impresa di acquisire la cittadinanza, ma secondo il centro ricerche Idos anche questa stampella starebbe per venir meno. Secondo il 31° Dossier Statistico Immigrazione, infatti, “L’Italia, in declino demografico da almeno sei anni, registra per la prima volta da 20 anni a questa parte anche il calo della popolazione straniera. Nel 2020 il nostro Paese ha infatti perso in tutto quasi 200 mila abitanti e i residenti stranieri diminuiscono di 26.422 unità attestandosi su 5.013.215. Sembrano quindi superati i tempi in cui la popolazione straniera residente compensava i saldi naturali negativi degli italiani”.
Per i lunghi mesi del lockdown ci siamo detti e ripetuti che niente avrebbe potuto essere come prima. Allora la città dovrebbe interrogarsi su ciò di cui vuole discutere: vogliamo continuare a parlare dei fantasmi di una “invasione” inesistente? Vogliamo continuare a dar credito alla propaganda di matrice fascista che teorizza il ripopolamento della “nazione” attraverso l’assoggettamento delle donne, vedi Congresso delle Famiglie di Verona?
La cancelliera tedesca Merkel, che proprio in questi giorni ha preso commiato dal ruolo che ha svolto per 16 anni ai vertici della Germania e dell’Europa aveva fatto scalpore quando nel 2015 aveva accolto più di un 1 milione di profughi siriani. Una sfida estrema, che nessun altro premier europeo si sarebbe mai potuto permettere, ma che nel giro di 5 anni ha parzialmente vinto: la grande maggioranza di quegli immigrati e soprattutto dei loro figli risulta ora integrato nella società tedesca, senza per questo esserne stato “omologato”. Un segnale, che va oltre la Germania e interroga l’Europa intera.
Verona e il Veneto devono decidere che cosa vogliano fare da grandi: se alle imprese serve anche manodopera straniera, ad esempio in agricoltura, non è meglio sceglierla piuttosto che raccoglierla dal tritacarne della clandestinità? Per decenni la destra ci ha detto che più diritti per gli immigrati significano meno diritti per gli italiani, i veneti e i veronesi, come se il lavoro e i servizi fossero il tesoro nascosto dentro al pozzo e non il risultato di una strategia o una politica di sviluppo. E ora, dopo il Covid, è più che mai necessario averlo, un piano. Non solo per Verona, magari regionale alla tedesca, ma averlo e soprattutto metterlo davvero in pratica! La sola propaganda, utilizzata dalla destra e dalla Lega solo per agitare i problemi, abbiamo visto che non ha mai portato risultati concreti e non ha mai risolto i problemi del paese.
Maurizio Facincani
Segretario provinciale