IL PUNTO DEL SEGRETARIO
La lezione (e la sfida) di Zingaretti
Credo che dopo tanti giorni di sospetti infondati e di pelosi dietrologismi dovremo tutti rassegnarci a prendere le dimissioni di Nicola Zingaretti da Segretario nazionale Pd per come le ha spiegate Zingaretti stesso: una sveglia (una “scossa”) ad un gruppo dirigente troppo concentrato su se stesso, ma anche un atto di fiducia, forse di fede, nella possibilità che in era post ideologica possa crescere nella società italiana un grande partito di centrosinistra, inclusivo e popolare, che sia anche una comunità solidale e non soltanto un comitato per la gestione del potere.
Non è questa, in fondo, la scommessa fondativa del Pd e, allo stesso tempo, la porta contro la quale abbiamo sbattuto ripetutamente la testa negli ultimi 14 anni a causa della carenza di cultura comune e della progressiva perdita di solidarietà umana al nostro interno?
Le dimissioni di Zingaretti mi hanno comunque sorpreso, non solo perché inattese, ma anche per le modalità seguite: io le avrei comunicate prima agli organismi di partito piuttosto che renderle pubbliche direttamente sui social.
Ad ogni modo ci costringono a confrontarci con i nostri valori di fondo. Ma esse hanno anche un enorme valore politico nella misura in cui non rinnegano nulla del lavoro svolto finora nella costruzione del centrosinistra attraverso il dialogo con i Cinque Stelle da una parte e con le formazioni a sinistra del Pd dall’altra, ma rimettono alla comunità del Partito Democratico la decisione sul come portare avanti il progetto di allargamento del campo progressista, per la costruzione di un’area politica in grado di stare unita quando serve e contendere il successo al centro destra. Non solo tatticamente, ma condividendo programmi e obiettivi politici, economici e sociali.
Forse non si è voluto cogliere fino in fondo la sfida nascosta dietro il sorriso bonario dell’ormai ex segretario, e cioè che i governi non si fanno e non si disfano per convenienza dei gruppi dirigenti e che anche i partiti non sono delle società per azioni: o hanno un anima oppure non sono. Il progetto politico iniziato in modo rocambolesco con la caduta del Conte 1 e rinsaldato nella straordinaria situazione di emergenza sociale e sanitaria nella quale il Pd, assieme agli alleati, ha saputo dare una direzione all’Italia e costruire una via d’uscita, potrebbe camminare anche da solo.
L’ultimo messaggio da segretario uscente di Zingaretti è stato per Enrico Letta, incoraggiato ad accettare la candidatura a segretario. Zingaretti riconosce a Letta il profilo, la forza e l’autorevolezza necessarie per un rilancio della nostra sfida per un grande partito popolare, vicino alle persone, promotore di un progetto per l’Italia e per l’Europa, baricentro di qualsiasi alternativa alle destre.
Se l’Assemblea nazionale lo eleggerà segretario Enrico Letta sarà atteso da un lavoro impegnativo, che produrrà effetti positivi per il PD (e quindi per il Paese) se sapremo tutti noi, dal semplice iscritto al più alto dirigente, affrontare le discussioni sulla linea politica con lucidità e chiarezza, ma soprattutto senza falsi unanimismi. Lui ha già annunciato che chiederà a tutti i Circoli di discutere dei contenuti del suo intervento di domenica in Assemblea nazionale nelle prossime due settimane, “poi faremo insieme sintesi per trovare le idee migliori per andare avanti, Insieme”.
Una comunità politica matura sa confrontarsi e dividersi nella discussione ma riesce sempre a trovare il punto di mediazione più alto per assolvere ai suoi compiti: dare risposte, speranza ma, soprattutto, dare l’esempio.
Maurizio Facincani
Segretario provinciale Pd Verona