IL PUNTO DEL SEGRETARIO

Pubblicato da il 16 Gennaio 2021

Marginalità: chi soccorre i soccorritori? La povertà non si ferma al confine del comune di residenza

Il lockdown nazionale del marzo-aprile 2020 aveva costretto ad occuparsene per la prima volta in maniera sistematica: che fare con chi a casa non può restarci perché una casa non ce l’ha e spesso neanche vuole averla?

Tra questioni di salute pubblica ed esortazioni pontificie (l’“Aprite le porte” di Papa Francesco), le istituzioni pubbliche e private per la prima volta  hanno dovuto fare i conti con il tema della salute e del distanziamento sociale anche tra gli ultimi più fragili e riottosi, a partire dai senza tetto.

Senza grossi progressi, per la verità: risulta inesistente un censimento nazionale, o anche soltanto locale, delle situazioni di marginalità estrema la cui cura resta  affidata in via quasi esclusiva al volontariato sociale e confessionale.

Da quel poco si è poi passati al nulla dei mesi successivi all’estate 2020: con i lockdown parziali di novembre 2020 e l’avvio della politica delle bandierine Covid che hanno colorato le regioni, il tema è completamente uscito dai radar.

Tutti troppo presi a capire come comprare i regali, portare gli auguri ai parenti e salvare la ritualità delle Feste compromessa dalle misure di salute pubblica, quello appena passato è stato uno dei Natali dallo spirito meno solidale che si ricordi.

A gennaio 2021 purtroppo ci risvegliamo con un doppio problema: da una parte la crisi della realtà del volontariato sociale a cui le restrizioni sociali hanno tagliato le gambe in misura perfino superiore rispetto alle attività commerciali. Dall’altra la crescita tendenziale delle marginalità stesse per effetto della crisi economica che ha picchiato duro su tutto il mondo della precarietà.

A questo si aggiungano le difficoltà di organizzare eventi pubblici, raccogliere fondi e continuare col piccolo commercio necessario all’autofinanziano delle attività sociali.

Il recente appello alle istituzioni della Comunità Emmaus di Villafranca (25 persone conviventi) dà la misura della gravità della situazione: “Tra le misure prese dal governo per sostenere tutte le categorie colpite dalla pandemia, non abbiamo ravvisato un qualche capitolo che riguardi un’esperienza come quella di Emmaus; non abbiamo convenzioni con l’ente pubblico perché non chiediamo soldi per accogliere le persone senza dimora. Il mantenersi col proprio lavoro ritrovando in ciò la propria dignità è uno dei pilastri della nostra esperienza che oggi viene messo radicalmente in discussione”. Complicato poter ricomprendere tutti nelle misure emergenziali, ma ci siamo assunti l’impegno di non lasciare indietro nessuno. Per questo auspico che l’appello sia accolto e che trovi risposta dalle istituzioni.

In attesa di un nuovo decreto Ristori, le risposte dei Comuni a queste esigenze sono spesso parziali, particolaristiche, quasi speciose. Il Comune di Villafranca, ad esempio, ha riconosciuto ad Emmaus un contributo una tantum di 4.500 euro come buono spesa valido però solo per gli ospiti residenti nel comune.

Il Comune di Verona è riuscito ad introdurre paletti perfino di fronte ad una questione vitale come l’emergenza freddo: nel nuovo regolamento di accesso ai dormitori pubblici approvato nel novembre scorso viene fissata la “non accoglibilità” dei non residenti, dei non identificabili in quanto in possesso di un documento non originale, dei richiedenti asilo.

A fine dicembre, di fronte alle proteste delle associazioni di volontariato e della società civile, l’assessore competente, con la solita sicumera, dalle pagine dei giornali locali ha esortato a “non preoccuparsi dei vocaboli” perché “la dicitura” sarebbe stata cambiata (da “non accoglibili” si è poi infatti passati ad una accoglibilità “condizionata”) e perché la rete dei dormitori cittadina, portata a 246 posti letto, sarebbe comunque sufficiente a soddisfare tutte le richieste. Tutte.

Purtroppo, lungi dall’essere un problema di vocaboli, la questione della marginalità e della povertà, che non si ferma al confine del comune di residenza di chi ne soffre, è destinata a diventare sempre più importante nella società del post Covid. Fondamentale dunque sarà la differenza di approccio tra chi è pronto ad affrontarla a viso aperto, senza false promesse e con il coinvolgimento delle forze del volontariato sociale, e tra chi invece punta soprattutto a spazzare la polvere sotto al tappeto, abituato com’è a vedere nei poveri e negli emarginati un fastidioso problema di sicurezza urbana.

 

Maurizio Facincani

Segretario Provinciale