Ex Ilva, le menzogne e le cose da fare
I fatti
Lo scudo penale (deciso nel 2015) che avrebbe “tutelato” il lavoro dei manager di ArcelorMittal è stato sostanzialmente eliminato nel mese di aprile 2019 con il cosiddetto “decreto crescita”.
In pratica, il Governo grillo leghista in quel decreto ha limitato l’esonero di responsabilità alla sola esecuzione del piano ambientale ed ha escluso espressamente l’impunità per la violazione delle disposizioni a tutela della salute e della sicurezza sul lavoro.
Questo fatto inconfutabile è bene tenerlo in mente quando il Salvini di turno, addossa all’attuale Governo le responsabilità di aver creato l’alibi per la società franco indiana per scappare dagli impegni assunti con un accordo che sempre il precedente governo aveva raggiunto nel settembre del 2018.
Lo scudo penale
Sin dai primi sequestri del 2012 per gravi violazioni ambientali commesse dalla gestione della famiglia Riva, è stato difficile interrompere l’attività dell’acciaieria in ragione della sua importanza economica e occupazionale.
Deciso, quindi, di mantenerla in funzione, nonostante le condizioni dell’impianto (l’altoforno 2, in primis) favorissero la produzione di valori di inquinamento fuori norma, nel 2015 fu deciso lo scudo penale. In pratica, i commissari del governo (all’inizio della storia) e i successivi acquirenti (al momento non erano conosciuti), non sarebbero stati perseguiti penalmente per l’inquinamento prodotto perché l’attività che avrebbero svolto era di risanamento del tutto, come deciso con un piano di bonifica ambientale del settembre 2017.
Lo scudo, pertanto, si è esteso anche al gruppo ArcelorMittal, che intendeva acquistare l’acciaieria e metterla a norma.
Lo scudo valeva almeno fino a quando il piano di bonifica non sarebbe stato ultimato (e sempre che venga ultimato secondo i tempi previsti nell’accordo del 2018). Di conseguenza, per i commissari ed i futuri acquirenti del siderurgico si escludeva qualsiasi coinvolgimento in vicissitudini giudiziarie derivanti dalle gestioni del passato.
Ragioni altre
Tappata la bocca alle menzogne, i documenti ufficiali mi inducono a pensare che ArcelorMittal usi la storiella dello scudo penale come una scusa per giustificare una decisione presa per ragioni economiche.
I fatti sono che quello stabilimento inquina molto più di quanto consentito dalla legge, che un importantissimo altoforno (il numero 2) dell’acciaieria rischia di essere spento perché ha bisogno di interventi particolari dopo la morte di un operaio avvenuta nel 2015 e che il mercato dell’acciaio è entrato in crisi nell’ultimo anno.
E’ altamente probabile, quindi, che ArcelorMittal ritenga l’investimento non più redditizio.
I documenti ufficiali.
Sulla reale volontà di ArceloMittal, però, fa luce l’atto di citazione della medesima società contro Ilva in amministrazione straordinaria, depositato al Tribunale di Milano. Dalla lettura, si capisce tutto. In pratica, si chiede la risoluzione del contratto in quanto:
– “In ogni caso, anche se la protezione legale fosse ripristinata, non sarebbe possibile eseguire il contratto in quanto c’è la possibilità che, per un provvedimento dell’autorità giudiziaria di Taranto, venga di nuovo spento l’altoforno 2 e in tal caso dovrebbero essere spenti anche gli altiforni 1 e 4 in quanto, per motivi precauzionali, sarebbero loro egualmente applicabili le prescrizioni del tribunale sull’automazione degli altiforni”;
– in subordine “vi sono le impossibilità sopravvenute a causa delle vicende giudiziarie che coinvolgono parti dell’impianto e che mettono a rischio la sua attività”;
– “se queste motivazioni non fossero ritenute sufficienti, resta comunque il dolo, ovvero la società in amministrazione straordinaria (ILVA), ha deliberatamente descritto in maniera erronea e fuorviante circostanze fondamentali relative alle condizioni dell’altoforno 2 e allo stato di ottemperanza delle prescrizioni indicate dal tribunale di Taranto per adeguare gli altiforni”.
Da ultimo, inoltre, negli incontri tra ArcelorMittal con il Governo è emerso che la questione dello scudo penale non sarebbe pregiudiziale, ma l’azienda ha chiesto di affrontare 5.000 esuberi. Una enormità.
Cosa fare
La partita è in corso.
Se quell’azienda prosegue per la sua strada, da un lato ci sarà la vicenda giudiziaria e dall’altro il Governo dovrà nominare altri commissari che proseguano il lavoro di bonifica del sito e individuino acquirenti nel mondo.
Di fatto, si torna indietro all’inizio della vicenda scoppiata con il sequestro dell’acciaieria per gravi violazioni ambientali avvenuto nel 2012.