IL PUNTO DEL SEGRETARIO

Pubblicato da il 29 Gennaio 2022

Crisi energetica: il motore della ripresa veronese è in riserva e a farne le spese saranno imprese e famiglie

L’inflazione rimane la parola proibita che nessuno vuole pronunciare, memore forse delle tensioni e degli scontri sociali del passato. In Europa l’inflazione sembrava definitivamente domata con l’avvento dell’euro, ma il Covid ha messo allo scoperto le debolezze delle filiere produttive internazionali a partire da quelle di approvvigionamento delle materie prime e in particolare dei beni energetici.
È proprio l’andamento al rialzo di quest’ultimi a preoccupare di più, anche in relazione alla gravissima crisi geopolitica in Ucraina e l’ombra imperante della speculazione economica. L’impennata dei prezzi di gas ed energia elettrica è infatti capace di bloccare la ripresa in corso che vede l’Italia viaggiare al ritmo del 6% di crescita economica e il Veneto del 6,6%, a fronte degli zero-virgola del periodo pre Covid.
A Verona soffre buona parte della metalmeccanica, il settore di punta che negli anni ha innovato di più assurgendo in moltissimi casi a livelli di assoluta eccellenza sui mercati internazionali.
In attesa di una politica energetica comune europea che il segretario nazionale Pd Enrico Letta è tornato di recente ad invocare, il governo, conscio della posta in gioco, con la legge di bilancio 2022 ha stanziato ulteriori 5,5 miliardi di euro per raffreddare i prezzi dell’energia a beneficio delle famiglie ma soprattutto alle imprese. Queste risorse si aggiungono ai 3,8 miliardi impiegati nel corso del 2021. Uno sforzo straordinario paragonabile agli interventi di sostegno al reddito di famiglie e imprese promossi durante i picchi della pandemia del 2020. Tanti soldi, ma, diciamocelo chiaramente, saranno probabilmente insufficienti.
È giusto ricordare che l’11% delle famiglie italiane è stato colpito dalla povertà e vulnerabilità energetica, e il 30% di queste famiglie non è in possesso dei requisiti per ottenere il bonus sociale di luce e gas.
Misure utili a imprese e famiglie potrebbero essere lo spostamento delle accise, delle addizionali regionali e degli oneri di sistema alla fiscalità generale, oltre all’applicazione dell’IVA al 10% sull’intero consumo e non solo sui primi 480 Smc (standard metri cubi).
Per fronteggiare questa ulteriore emergenza è necessario che ciascuno, a tutti i livelli, faccia la propria parte. Per le grandi multiutility a capitale pubblico, che si eclissano dietro a ragioni di mercato, si affaccia anche l’ipotesi di una tassazione degli extraprofitti accumulati in questi mesi di prezzi pazzi soprattutto con la vendita dell’energia pulita prodotta da fonti rinnovabili. A Verona, sul tema, assistiamo ad un imbarazzante rimpallo di responsabilità tra il presidente Agsm Aim Stefano Casali, in quota Verona Domani, partito di maggioranza, e il Sindaco Federico Sboarina. Il centrodestra veronese, che governa le aziende pubbliche veronesi, non è mai stato capace di guardare oltre la spartizione delle poltrone e l’ordinaria amministrazione. Ne può essere una dimostrazione il fatto che Casali abbia messo sul piatto circa 22 milioni di euro di utili Agsm-Aim che il socio pubblico, il Comune di Verona, può decidere di redistribuire a famiglie e imprese. Sboarina però ha fatto orecchie da mercante, dolendosi dei rincari che lo stesso Comune di Verona ha dovuto subire nella produzione dei suoi servizi. Tradotto: gli utili Agsm finiranno più probabilmente nel bilancio generale del Comune. Sia il sindaco che il presidente di Agsm Aim dovrebbero però ricordarsi che i soci veri dell’azienda pubblica sono i cittadini, non il sindaco e i partiti della sua maggioranza.
Della disputa tra i due, Casali e Sboarina, a farne le spese saranno imprese e cittadini.

Maurizio Facincani
Segretario provinciale