Il Punto del Segretario.

Pubblicato da il 3 Luglio 2021

Assistenza agli anziani: una missione e non un business.

Dopo i Comuni, che in molti casi, grazie ai ristori e alle misure adottate dal governo giallorosso tra marzo e settembre 2020, sono riusciti a chiudere i bilanci dell’anno della Pandemia riportando attivi di bilancio insolitamente alti, anche in Regione Veneto spunta un tesoretto.
Il Sindacato dei Pensionati Spi Cgil di Verona cita infatti una relazione della Corti dei Conti della fine di giugno 2021 che calcola in circa 200 milioni di euro la somma “accantonata” da Azienda Zero durante la pandemia. Si tratta del frutto di aiuti statali per fronteggiare l’emergenza sanitaria che la Regione ha speso solo in minima parte.
I magistrati contabili scrivono che “la quota più rilevante delle risorse affluite alla Regione del Veneto per far fronte all’epidemia è costituita da contributi statali di parte corrente, per un importo pari ad euro 289.025.495. La gestione finanziaria tuttavia ha mostrato criticità dal momento che solo un terzo delle somme riscosse e versate ad Azienda Zero ovvero euro 98.285.999,00 sono state assegnate con provvedimento regionale, mentre la parte restante risulta “accantonata” da Azienda Zero”.
A che cosa dovevano servire questi soldi? A tante cose, ad esempio a ridurre le liste di attesa, letteralmente esplose a seguito dei ripetuti blocchi delle attività ospedaliere. Oppure ad affittare alberghi o creare strutture protette per la quarantena dei malati di Covid, altra promessa non mantenuta. Ma soprattutto dovevano servire a potenziare l’assistenza domiciliare sul territorio, che è il vero buco nero del sistema socio assistenziale veneto e non solo.
Sull’assistenza domiciliare si gioca infatti la più importante partita del futuro del nostro welfare perché se c’è un aspetto che la pandemia ha messo tragicamente a nudo, è quello dell’insostenibilità del sistema delle case di riposo così come lo conosciamo. Salari bassi per gli operatori, che non a caso durante il 2020 sono in gran parte fuggiti in ambito ospedaliero; livelli di assistenza spesso insufficienti per una platea di ospiti che arriva in struttura presentando quadri clinici spesso gravemente compromessi; eterna lotta per far quadrare i conti da parte del management delle strutture; famiglie che devono affrontare spese elevate per accedere a questi servizi.
Tale sistema va superato con una politica pubblica lungimirante che investa sul territorio per limitare l’istituzionalizzazione degli anziani, e questo si realizza con una politica abitativa adeguata che sappia guardare oltre la speculazione edilizia e una massiccia dose di servizi sanitari e socio assistenziali che favoriscano la permanenza degli anziani nella propria abitazione o con investimenti nel co-housing sociale.
Il Piano nazionale di ripresa e resilienza apre a questa possibilità, ma parliamoci chiaro: l’invecchiamento è sempre di più il business del futuro per molti privati che operano in campo socio-assistenziale. Per una parte della politica le case di riposo sono un comodo ripiego per non affrontare con le dovute energie e i dovuti investimenti il tema dell’invecchiamento della popolazione. A chi insiste nel dire che la nostra regione è all’avanguardia anche per questi servizi basta ricordare che il Veneto, assieme alla Sicilia, è l’unica regione italiana a non avere ancora attuato una riforma delle Ipab, i vecchi istituti di beneficenza pubblica attorno ai quali nel corso degli anni si è sviluppato l’attuale sistema delle case di riposo. A qualcuno può bastare la propaganda, ma le famiglie chiedono servizi efficienti a costi sostenibili.

Maurizio Facincani
Segretario Provinciale