Bigon (PD): “Case di riposo, no ad aumento delle rette. I costi economici della pandemia non possono ricadere sulle famiglie: la Regione intervenga sulla quota sanitaria”

Pubblicato da il 5 Febbraio 2021
“La pandemia ha aggravato le difficoltà economiche delle case di riposo, ma non possono ricadere sulle famiglie. Deve essere assolutamente scongiurato un ulteriore incremento delle rette, già oggi insostenibili per troppe persone”. Ad affermarlo è la vicepresidente della commissione Sanità a Palazzo Ferro Fini, la consigliera del Partito Democratico Anna Maria Bigon, che chiama in causa la Regione con un’interrogazione sottoscritta dai colleghi Francesca Zottis, Vanessa Camani e Andrea Zanoni, sollecitando un intervento per evitare questa ipotesi, agendo sulla parte di propria competenza. “La Giunta analizzi la composizione delle varie voci di costo delle rette e nel caso valuti un aumento della propria quota sanitaria per ridurre il peso delle altre, dando così un sollievo alle famiglie, che devono sborsare in media 1800/2000 euro al mese, con punte che fino a 3000”.
 “I Centri servizi anziani – ricorda Bigon – si sono trovati al centro della tempesta, con un numero spropositato di vittime. Inoltre un lato hanno dovuto fare i conti con l’impennata di costi per l’acquisto di dispositivi di protezione individuale e riorganizzare gli spazi interni, dall’altro hanno visto crollare drasticamente gli introiti a causa del blocco dei nuovi ingressi e dalla diminuzione degli ospiti, deceduti o ricoverati in ospedale. Questo ha comportato l’aggravarsi di una situazione economica già complicata. A fine 2020 la Regione, seppur in ritardo, è intervenuta con due distinte delibere per ristorare e ha introdotto in via sperimentale la quota sanitaria di accesso ridotta per le famiglie che hanno un congiunto non autosufficiente, ma sono privi dell’impegnativa. Le misure però si sono rivelate insufficienti, poiché molte strutture stanno aumentando le rette giornaliere dei pazienti. Ma già adesso per troppe famiglie inserire un proprio caro in una Rsa è diventato un privilegio anziché un diritto, sia per la quota sanitaria troppo bassa sia per lo scarto tra numero di impegnative e posti letto accreditati. A ciò va aggiunta la mancata riforma delle Ipab che rende ancora più precari i conti delle case di riposo. Tutti aspetti che chiamano in causa la Regione, a cui chiediamo di dare risposte pronte e puntuali. Non solo a noi, ma anche e soprattutto alle 30mila persone ospitate nelle Rsa e ai loro familiari”.