IL PUNTO DEL SEGRETARIO. Trincerato nella zona gialla, il Veneto cuoce a fuoco lento

La sociologia ci dice che il migliore dei chirurghi, il luminare della medicina o il principe del foro non sono tali perché non sbagliano mai, ma perché riescono meglio di altri a nascondere i propri errori. Nulla a che vedere con truffe, insabbiamenti e complotti, c’entra piuttosto ciò che i sociologi chiamano l’ordine sociale. La gestione degli errori, quando non siano determinati da dolo, come nel caso del Ponte Morandi per intenderci, è un fatto puramente umano, quindi sociale, ed è interessante osservarla perché attorno ad essa si attivano tutta una serie di meccanismi di difesa rivolti a ripristinare il normale ordine sociale, cioè la realtà come siamo abituati a conoscerla.
E’ un po’ quello che sta accadendo in queste settimane di drammatica crisi sanitaria in un Veneto frastornato, che non vorrebbe rinunciare a nulla ma che sta lasciando indietro troppe sofferenze e troppe vite, aggrappato all’immagine della sua sanità d’eccellenza, ma gravemente carente a livello di servizi territoriali; della sua economia, ancora forte ma prostrata dalla forse eccessiva terziarizzazione; del suo orgoglio misto a retorica dell’autodeterminazione.
Con risultati spesso grotteschi: “Il Veneto confermato ‘giallo’, a posto con i parametri” si accontentavano di titolare i giornali di mezza regione sabato 5 dicembre, vigilia del lungo ponte dell’Immacolata, riportando il commento del governatore Zaia sulla terza distribuzione delle “bandierine” Covid, sebbene nelle ultime 24 ore si fossero registrati 134 nuovi decessi e il numero di contagiati avesse subito una nuova impennata.
Già dimentichi di quello che, appena qualche giorno prima, il primo di dicembre, gli stessi giornali avevano definito come “il giorno più nero” del superamento della soglia, non solo psicologica, dei 100 decessi giornalieri a livello regionale.
Commentando il contemporaneo esaurimento dei posti letto negli ospedali, nell’occasione Zaia se l’era cavata con un laconico ed eufemistico “Abbiamo raggiunto negli ospedali una fase della curva del Covid che consideriamo apicale”.
Sembrano passati anni, eppure era soltanto metà ottobre quando il governatore continuava imperterrito a negare la nuova insorgenza del virus: “Il 95% dei contagiati è asintomatico, non c’è alcuna emergenza ospedaliera”, salvo poi qualche giorno dopo invocare “provvedimenti nazionali concertati con le Regioni” ed infine sganciarsi dal fronte delle polemiche tenuto aperto dai governatori di centrodestra per accomodarsi nella nuova zona gialla assegnata dal Dpcm del 3 novembre: “Il nostro modello ha tenuto”.
Tra un colpo al cerchio ed uno alla botte il problema ora è che, a differenza delle altre regioni che hanno fatto i sacrifici adottando spesso misure aggiuntive a quelle previste dal Dpcm, come l’Emilia Romagna in zona Arancione, il famigerato indice erre-con-ti (Rt) del Veneto scende troppo lentamente, il turn over dei posti letto negli ospedali è insostenibile e le case di riposo sono al collasso.
Sarebbe meglio che il presidente Zaia imparasse che la sua carica, come tutte quelle pubbliche, implica la consapevolezza che si debba agire non come singolo ma come parte di un sistema, preoccupandosi delle relazioni tra quello che dice e quello che accade; sarebbe forse più cauto nelle sue conferenze stampa se ricordasse che quello che dice, purtroppo, cambia la percezione della realtà di molte persone e, di fatto, indebolisce il sistema democratico. L’esercizio della democrazia chiede responsabilità.
C’è tuttavia poco tempo per occuparsi di queste cose: è infatti già cominciata la controffensiva del Natale “rubato” dal Dpcm del 3 dicembre, che ribalta di nuovo l’ordine delle priorità: prima i doveri famigliari e spirituali e poi quelli sanitari, siamo zona gialla per niente?
E che all’orizzonte ci sia soltanto un tirare a campare fino a primavera, lo confermano le parole del 10 dicembre del direttore generale dell’Ulss 9 Pietro Girardi: “Se i numeri sono così alti abbiamo spazi per migliorare la situazione, lavorando su mascherine, distanzia-mento, igienizzazione”. Il contrario di quello che servirebbe. E intanto il Veneto continua a cuocere a fuoco lento.
Maurizio Facincani