IL PUNTO DEL SEGRETARIO

Commercio: se Prezzemolo incontra Paperone
“Affacciati alla finestra e scoprirai che tutto ciò che ti serve è a portata di mano!”. Così recita la campagna di sensibilizzazione appena lanciata dalla Regione Piemonte, che lentamente sta uscendo dal baratro del Covid, per stimolare i cittadini ad acquistare nei negozi di prossimità.
Uno slogan che a Verona potrebbe tutt’al più funzionare da indizio per una caccia al tesoro, visto che nel centro storico del capoluogo sembra essere diventata un’impresa comprare un chilo di pane o un litro di latte. Lo denunciano da anni i residenti – molti dei quali nel frattempo sono migrati nei quartieri limitrofi – e lo testimonia la triste moria di negozi di vicinato a cui né l’amministrazione locale, né i rappresentanti di categoria sembrano prestare grande attenzione.
“Il centro si sta svuotando di residenti ed accedervi è sempre più complicato, le ultime amministrazioni hanno imposto troppi divieti di sosta agevolando soltanto il settore della ristorazione”, aveva dichiarato ad un quotidiano locale il titolare di uno degli ultimi negozi storici di elettrodomestici che ha chiuso i battenti esattamente un anno fa.
Per farsi un’idea del fenomeno, è utile dare un’occhiata anche all’albo comunale delle botteghe storiche aggiornato al 24 novembre, dove si contano ben 113 cancellazioni su un totale di 347 attività iscritte.
Parimenti ignorata da parte del Comune e delle categorie di settore, è stata anche la proposta del Pd della prima Circoscrizione che, sempre un anno fa, in occasione della presentazione del lussuoso Piano Folin per la riqualificazione dell’ex isolato Unicredit a due passi da Piazza Erbe, aveva proposto di inserire a titolo di riqualificazione e compensazione la realizzazione di un mercato coperto gestito a canoni calmierati, nel tentativo appunto di dare una chance al piccolo commercio di quartiere e alla vita sociale del centro storico.
Per tutta risposta in questi giorni è stato depositato in comune il progetto della prima infornata di nuovi alberghi a cinque stelle, centri benessere di lusso e ristoranti esclusivi in cui dovrebbe investire 80 milioni di euro la multinazionale americana Marriott, dal quale spicca la trasformazione della stradina interna dell’ex direzione generale Unicredit in galleria commerciale, nella quale prevediamo non troveranno posto il panettiere, il verduraio o il macellaio, che banalmente servirebbero ai residenti.
Non è chiaro che tipo di ricchezza possa generare questa proposta di sviluppo rivolta ai super ricchi, che si innesta su un tessuto economico-sociale deteriorato dallo spopolamento e privo di una identità e di una proposta turistico-culturale. Anche gli albergatori sono arrabbiati e caustici: “Che ci sta a fare un emiro a Verona dopo che ha visto le tre cose principali? Va a bere il bianco in Sottoriva?”. Silenzio, invece, dal resto della categoria.
Sostanzialmente sovrapponibile negli effetti è anche la condizione del piccolo commercio negli altri centri storici della provincia, dove i negozi di vicinato chiudono soffocati dalla concorrenza dei grandi centri commerciali.
Vista anche la totale assenza di pungolo da parte delle parti sociali, la Regione a guida leghista se l’è presa comoda con la nuova legge sul commercio e con quella sul consumo del suolo, entrate in vigore soltanto dopo che i buoi erano scappati dalla stalla, cioè quando i centri commerciali avevano già completato il loro ciclo espansivo.
L’ultima presa di posizione chiara e netta che si ricordi da parte delle rappresentanti dei commercianti è stata la manifestazione regionale convocata da Confcommercio a Verona lo scorso fine ottobre contro la chiusura anticipata di bar e ristoranti alle 18.00 presa dal governo per fronteggiare la seconda ondata Covid.
Appassionata l’adesione del Sindaco di Verona e di tutte le forze politiche di maggioranza. Salvo poi scoprire, a qualche settimana di distanza, che non solo la misura era necessaria, ma era pure insufficiente. E quando Zaia, con una ordinanza border line, ha posto fine alle “passeggiate nei centri storici”, in tanti associati di Confcommercio hanno dovuto constatare che sarebbe stato molto meglio per la categoria essere dichiarati zona arancione, “almeno così sarebbero arrivati i ristori”.
Il PD veronese resta aperto al dialogo con le categorie economiche interessate, convinto che l’incontro tra le esigenze dei consumatori e quelle degli operatori di settore possono trovare una corretta sintesi e un sostegno da una pianificazione e gestione del territorio che solo una politica capace di dialogo e di visione può offrire. Il contrario della gestione dell’esistente e del lasciar fare con cui, purtroppo, a Verona e nel Veneto, dobbiamo fare i conti.
Maurizio Facincani