IL PD E IL SUO DOPPIO

Pubblicato da il 11 Luglio 2022
Vengo da una competizione elettorale dove il miglior campo largo l’ha arato Damiano Tommasi, a Verona, dopo però  che il Pd aveva definito per tempo in linea con l’indicazione del segretario nazionale in riva all’Adige il perimetro della possibile  estensione del campo. 
 
Il Pd ha arato il campo largo e Tommasi ha seminato e tutti abbiamo raccolto. 
 
Proprio il ruolo determinante del Pd in questa avventura mi permette oggi una riflessione che non riguarda affatto la sola città di Giulietta e Romeo.
 
Non penso affatto che Verona costituisca un laboratorio nazionale ma penso che contenga elementi utili per portare un piccolo contributo ad un nuovo laboratorio per il partito democratico nazionale.
 
Se è giusto affermare che l’idea di campo largo formulata e ripetuta da Letta ha vinto, e vince da tempo sin dal giorno del suo insediamento è pur vero che di campi larghi se ne sono visti parecchi, ognuno con la propria estensione  e con il proprio agrimensore addetto a certificarne l’estensione. 
Lo si è visto a Padova e a Verona, due città che raccontano una storia elettorale differente ma con qualche tratto in comune.
 
In Veneto  quello di Padova ha visto un Pd leader di coalizione trainante la lista civica Giordani. A Verona è accaduto il contrario. 
E allora cosa hanno in comune questi due campi larghi?
 
Il principale tratto in comune  è dato dal ricorso alla lista civica (modello che ha riguardato quasi tutte le città) come fattore di sfondamento al centro. 
In entrambe le città ha vinto la capacità di parlare a quelle componenti moderate, riformiste, aperte, inclusive che abitano e popolano quel “centro”non più rappresentato univocamente ed efficacemente da insegne definite e riconosciute, ma appartenenti a quello spazio dei valori, dei progetti e delle proposte che domandano radicalita’ nei contenuti ma rappresentate con moderazione. 
 
Il consenso di quel mondo moderato non lo prendono le sigle storiche e nuove che si contendono quello spazio: Italia Viva, Azione, Il partito di Lupi o di Brugnaro, ma le nostre liste civiche o meglio spesso la lista civica del nostro candidato sindaco. 
 
Insomma quell’area che Martinazzoli definiva come moderazione dei modi e degli atteggiamenti interpretata da Damiano Tommasi dalla rappresentazione di una “rivoluzione gentile” come ebbi modo di definire durante la campagna elettorale a chi si sorprendeva dei toni miti e pacati della comunicazione di Tommasi. 
 
Le liste civiche hanno contato e si sono rivelate decisive grazie non solo al loro radicamento locale ma per quello che hanno rappresentato nell’opinione pubblica grazie alla funzione da esse svolte di aggregare e convincere principalmente il centro, anche purtroppo depotenziando il peso identitario del Pd che le ha volute e promosse ( Verona).
 
In questa prova i cittadini hanno voluto dare un segnale e lanciare una sfida alla politica e ai partiti.
Il segnale è che non sono le appartenze e le formule (con o senza i 5S) ma che sono i contenuti, le competenze e la credibilità dei leader che ci interessano. 
Fattività, non appartenenze. 
 
Da qui la valutazione che il vero campo d’azione del PD non starà da qui alle prossime elezioni nell’inseguire partiti sconfitti in cerca di ruolo, rendendo simmetrica l’instabilità del centro destra ( Lega) con quella del Centro sinistra ( 5 Stelle) bensì nella capacità di ancorare la proposta politica alle attese dei cittadini che ci chiedono di governare l’inflazione, impiegare bene le risorse del PNRR, mettere in campo tutte le risposte possibili nelle politiche ambientali, contribuire ad una soluzione nel teatro di guerra in mezzo all’Europa, non mortificare i salari, avviare politiche in grado ai arginare  lo squilibrio demografico, contrastare politiche di suicidio agricolo ed alimentare, contenere l’aumento delle bollette,ecc.  L’elenco sarebbe lunghissimo. Ma è in questo campo largo  dei problemi, delle attese , delle responsabilità, delle scelte e degli effetti tragici o utili che noi saremo riconosciuti e premiati, risultando interpreti del quello spazio di domanda e di attenzione che ci ha fatto vincere alle elezioni amministrative. 
 
Padova e Verona, hanno  in comune il fatto che in entrambi i casi l’elettorato moderato, riformista e cattolico, è divenuto la vera attenzione e attrazione del campo largo, perché ha cercato risposte a problemi concreti di tutti i giorni e i candidati Sindaci Giordani e Tommasi hanno cercato di ascoltarli  traendo consenso e sostegno. 
 
Pensare oggi di contrapporre alla realtà dei fatti con una visione del ritorno alla sinistra tout court come risposta ai problemi dei cittadini dando alla vittoria elettorale alle amministrative una lettura europea di un trend della sinistra, pare a mio modesto parere che non si è capito fino in fondo quanto è successo e si corre il rischio di deragliare alle prossime politiche se questa ne fosse l’interpretazione.
 
Invece a mio modesto parere occorre affermare che il centro è uno spazio politico che il Pd si può intestarsi e rappresentare non lasciandolo esclusivamente ai miriadi dei partiti di centro. Questa dovrebbe essere l’obiettivo.
 
E’ da questo preciso punto di vista che avanzo alcune considerazioni politiche.
 
Ci ritroviamo, oggi, consapevoli del ruolo e della forza del PD ma consapevoli anche che il successo ottenuto alle amministrative è stato guadagnato mandando in avanscoperta, al fronte, il suo “ doppio”, cioè l’allenza voluta e promossa dal paritito democratico attraverso l’aggregazione nell’inglobante  delle liste civiche.
Oggi noi abbiamo  posseduto nel territorio una doppia identità o, se permettete l’espressione, un doppio “io”: quello proprio del  PD e l’”io” della civica nel cui bozzolo abbiamo abitato, agito e operato. 
 
Ora in previsione delle elezioni politiche questo sdoppiamento ci servirà meno nella traduzione organizzativa ma molto  ancora molto nella rappresentazione pubblica. 
 
I prossimi mesi non saranno la riedizione di quelli che ci hanno preceduti. Saranno un’altra storia, dentro la quale il partito è chiamato a sciogliere la propria doppia identità e puntare su quell’ “io” ragionevole e operativo che è oggi la miglior risorsa con cui presentarci davanti agli eletttori.
 
A settembre incomberanno simultaneamente problemi derivanti dalla risalita del Covid, problemi di bolletta alimentare, di bolletta energetica, di mancanza di materie prime per le aziende, di risorse non compiutamente utilizzate. Con in più la guerra, i suoi costi, gli effetti dirretti ed indiretti ugualmente drammatici: e tra questi una ripresa possibile  dell’immigrazione.
 
Questo è il campo di battaglia, largo, davvero largo, che esige di essere arato attraverso idee e programmi prima ancora che con  accordi  ed ologrammi.
 
Sono partito da Verona e vorrei concludere con Verona. 
 
Il successo di Tommasi penso sia ascrivibile anche alla speranza che lui ha suscitato tra chi i problemi li patisce sulla propria pelle.  
 
Lui ha parlato al centro ed ha parlato anche all’elettorato Pd, portando sulla sua lista  anche il consenso di una parte dell’elettorato del Pd.
 
Questo è il tema di fondo trovare le forme e le modalità affinché l’esperienza del civismo locale possa trovare cittadinanza e adeguata rappresentanza nelle prossime elezioni politiche senza per questo comprimere
e indebolire il lavoro, la presenza e la leadership del Partito Democratico. 
 
Certamente l’esperienza dei comitati Ulivo è un esempio da tenere in considerazione, perché i Comitati per l’Italia non furono un’operazione di palazzo, ma un operazione pensata dal livello nazionale mossa dai movimenti civici locali che nascevano sul territorio coordinati da una leadership nazionale riconosciuta da tutti. 
 
Questa è la sfida dei prossimi mesi come trasportare il risultato delle amministrative nelle prossime elezioni politiche cogliendo i segnali che sono pervenuti dai cittadini che hanno scelto di votare le nostre liste civiche.
 
Come organizzare il nostro doppio dipenderà molto ovviamente dalla prossima legge elettorale. 
 
Sta al partito democratico arare il campo largo assumendo l’obiettivo di diventare il primo partito italiano perno centrale del nuovo centro sinistra italiano. 
 
Gianni Dal Moro 
Deputato
Partito Democratico