IL PUNTO DEL SEGRETARIO

Pubblicato da il 28 Novembre 2021

Il peso delle diseguaglianze nel rapporto tra i sessi

Il 25 novembre di ogni anno si celebra la giornata internazionale contro la violenza sulle donne, istituita dalle Nazioni Unite per richiamare l’attenzione su ciò di cui si dovrebbe parlare ogni giorno. In occasione di questa giornata alcune delle più lucide analisi della condizione femminile in Italia sono apparse sulla stampa economica, dove si sottolinea, ad esempio, l’attualità di una ricerca di “Episteme” di qualche anno fa che segnalava come tre donne italiane su dieci non siano titolari di un conto corrente e quattro su dieci dipendano economicamente dal marito o dal compagno, con profonde differenze territoriali in particolare al Sud dove dipende dall’uomo di casa fino al 50% delle donne.

Dati che si rispecchiano nel rapporto Dire 2021, Donne in rete, secondo cui una donna su tre che si rivolge ai centri antiviolenza è a reddito zero (32,9%) e meno del 40% può contare su un reddito sicuro.

Resiste dunque un pensiero arcaico nella riproduzione acritica di modelli di comportamento discriminatori e intimamente violenti, ma c’è altrettanta arretratezza in una struttura economica che nega il lavoro a quasi il 50% delle donne e fa passare i giovani dal tritacarne del precariato; che chiede specializzazione ma non offre vere opportunità di lavoro a tante laureate. Quelle che non decidono di lasciare l’Italia.

Sarebbe dunque interessante cercare di capire se esista una qualche correlazione tra le centinaia di migliaia di donne espulse dal mercato del lavoro nell’anno della pandemia (il 70% dei 444 mila occupati in meno registrati in tutto il 2020 erano donne, con punte del 90% nel mese di dicembre 2020) e la recrudescenza dei femminicidi divenuta evidente soprattutto a partire dal terzo trimestre 2021.

Di certo si può dire che, a prescindere dalla classe sociale di appartenenza, una persona che non sia autonoma sarà maggiormente meno indipendente, che è una delle precondizioni per discriminazione, abusi e violenze. La “violenza economica” denunciata dal 33% delle vittime forma un mix micidiale con la violenza psicologica e quella fisica. 

Secondo i dati rilasciati dalla Direzione centrale della polizia criminale del Dipartimento della pubblica sicurezza, al 21 novembre 2021 il numero delle donne uccise è cresciuto dell’8% rispetto alla stessa data dell’anno precedente. L’anno deve ancora finire e le vittime sono già 109, di cui 63 morte per mano del partner o di un ex partner. Il femminicidio è la prima “tipologia” tra gli omicidi volontari, che alla stessa data in Italia erano complessivamente 263.

E, inutile girarci intorno, è un fenomeno che riguarda prettamente cittadini italiani, non tanto gli stranieri che presentano numeri inferiori, ed è circoscritto alle reti famigliari. Forse a renderlo sfuggente è una certa trasversalità tra le varie classi sociali. C’è poi il fenomeno, altrettanto tragico e sanguinoso, delle vendette dei mariti o dei compagni rifiutati, respinti o allontanati a seguito di una presa di posizione e di una emancipazione della vittima.

Eppure, come ha detto un po’ troppo ruvidamente il leader Cgil Landini in un criticatissimo passaggio del suo comizio del 16 ottobre scorso, appare evidente che tali vendette discendano sempre da una concezione “proprietaria” dei rapporti tra i generi.

L’emancipazione sociale non può prescindere da una emancipazione culturale e materiale. Prezioso, anche se ancora troppo poco conosciuto, il “reddito di libertà” finanziato dal precedente governo giallo-rosso e solo di recente reso operativo da parte dell’Inps, che riconosce fino a 400 euro mensili cumulabili con altri sussidi e benefici sociali alle donne che si rivolgono ai centri anti-violenza. Inoltre serve una legislazione più ambiziosa, che destini finanziamenti adeguati ad iniziative anti-violenza, con progetti di educazione e formazione – non solo nella scuola – per un’educazione sessuale completa e inclusiva, che parli anche di consenso e di relazioni nelle quali la violenza non può trovare nessuna legittimazione.

Moltissimo resta da fare per costruire pari opportunità nella vita quotidiana, anche dal punto di vista economico: non a caso questa è una delle principali missioni del PNRR.

Maurizio Facincani

Segretario provinciale