IL PUNTO DEL SEGRETARIO

Pubblicato da il 6 Marzo 2021

Verona, la Bella Addormentata in Europa

Il rapporto Cresme sulla crescita e la competitività di Verona presentato mercoledì scorso da Confindustria e Ance fotografa il soggetto già ben conosciuto della Verona “bella addormentata”, fornendone tuttavia dimensioni un po’ più precise.

L’area territoriale veronese, lo sappiamo, è caratterizzata da un’economia fortemente internazionalizzata e orientata all’esportazione, da una dotazione infrastrutturale forte e da da una piattaforma logistica di primo piano come l’interporto Quadrante Europa, secondo solo a quello di Brema.

Nel confronto diretto con i principali competitors europei, tuttavia, le nostre performance restano alquanto insoddisfacenti: rispetto alle 274 aree metropolitane europee Verona si colloca al 192° posto con criticità che emergono in riferimento alle capacità innovativa, alla bassa vivacità demografica e alla modesta appetibilità del mercato immobiliare.

Non va molto meglio se restringiamo il quadro alle 41 regioni urbane localizzate lungo le direttrici delle reti trans-europee TEN-T che si intersecano proprio a Verona, dove siamo solo ventesimi.

Il rapporto individua una fondamentale criticità nella bassa crescita demografica: con 28,2 miliardi di euro di valore aggiunto Verona è la 10^ realtà economica italiana ma soltanto la 13^ per valore aggiunto pro-capite. Al contrario, Bologna è 6^ in Italia per valore aggiunto prodotto e 3^ per valore aggiunto pro-capite. “Bologna ha 400.000 abitanti, Verona 260.000, la provincia di Bologna 1.020.000 abitanti, quella di Verona 939.000. Le dimensioni demografiche del capoluogo sono una variabile importante della partita competitiva e possono diventare un obiettivo” dicono gli studiosi del Cresme.

Ancora una volta, niente di nuovo sotto al sole: già 20 anni fa l’amministrazione Zanotto considerava che esistono due Verone: quella di giorno, popolata da almeno 400 mila persone che vi lavorano, e quella di notte, che scende ai 250 mila abitanti nominali. Pertanto aveva preso a ragionare sulla possibilità di una integrazione politica e amministrativa, a partire dai trasporti, con i Comuni della cintura in quella che allora era chiamata la Grande Verona.

Il vero problema è che il tema dell’integrazione territoriale è stato completamente abbandonato dalle tre successive amministrazioni, compresa l’attuale. Sciupata nel 2014, senza una convinta riflessione, anche la possibilità di consolidare il ruolo baricentrico di Verona tra la Lombardia occidentale e il Veneto orientale attraverso una unione di Comuni con Vicenza e Rovigo grazie al pertugio aperto dai parlamentari Pd nella legge istitutiva della città metropolitane. 

Con la gestione fallimentare dell’aeroporto Catullo le amministrazioni Tosi e Sboarina non hanno saputo valorizzare nemmeno l’influenza di Verona nell’area del Garda, si pensi all’entrata (senza gara) della “veneziana” Save nella compagine societaria del Catullo o alla telenovela – che rischia di trasformarsi in tragedia – dello scalo di Montichiari.
Brescia può diventare la nuova frontiera del rilancio della competitività del sistema Verona, come suggerito dal rapporto Cresme-Confindustria? Per la verità abbiamo provato a ragionarci negli ultimi due anni discutendo delle alleanze di Agsm, ma anche qui il centrodestra ha prima fatto e poi disfatto, partorendo, alla fine della fiera, un altro nano nel mercato delle utilities.
Come Pd crediamo che il tema vero e nuovo, che ad oggi non ha mai messo veramente piede nelle aule consiliari, sia quello dell’ambiente e della transizione ecologica. Lo stesso rapporto Cresme parla della questione ambientale come di una palla al piede per la competitività delle aziende: “Lo studio evidenzia come una delle principali debolezze del territorio veronese è da leggere nelle questioni ambientali, in alcune delle componenti che disegnano il nuovo modello di sviluppo: qualità dell’aria, qualità dell’acqua, rischio idrogeologico, alcuni aspetti legati all’innovazione. In sostanza la città e il territorio sono in ritardo su alcuni dei piani cardine della competizione dei prossimi anni”.

La politica veronese è rimasta indietro di decenni rispetto alle aspettative di benessere dei cittadini e di competitività delle aziende e il rischio vero è quello di perdere anche il treno del Recovery Fund. Crediamo pertanto che sull’ambiente e sull’integrazione politico-amministrativa del territorio veronese dovrebbe crearsi una cabina di regia che comprenda anche i Comuni della cintura metropolitana e le parti sociali. Questa è la proposta che come Pd lanciamo, aperta ed inclusiva lontani e alieni dalle tentazioni viste in passato di farne un “gabinetto dei migliori”.

Maurizio Facincani

Segretario provinciale