Dal Pd un appello al Prefetto Cafagna affinché non conceda il toponino “Giorgio Almirante”

Pubblicato da il 23 Gennaio 2020
“Ci domandiamo e Le domandiamo con quale logica una persona che ha fatto propria la causa fascista vengano ora riconosciuti meriti da parte di una città come Verona, che ha combattuto il regime fascista ed è Medaglia d’oro della Resistenza”.

E’ uno dei passaggi salienti della lettera che i consiglieri comunali del gruppo del Partito Democratico Federico Benini, Elisa La Paglia e Stefano Vallani hanno inviato al Prefetto di Verona Donato Giovanni Cafagna, con l’esplicita richiesta di “non concedere l’autorizzazione per l’istituzione del toponimo”.

“Tutti gli aspetti della vita e delle opere di Almirante sono contrari ai valori della democrazia e della repubblica italiana” commentano i consiglieri. “Almirante fu teorico della superiorità della razza italiana per giustificare stermini e genocidi delle “razze umane inferiori”. Partì volontario per la Campagna d’Africa per sterminare “i neri” e piantare la bandiera dell’imperialismo italiano. Dopo l’8 settembre aderì alla Repubblica di Salò di ispirazione mussolinana e hitleriana e condusse rastrellamenti e rappresaglie contro i partigiani. Nel dopoguerra si distinse per essere un fascista impenitente arrivando a lambire il terrorismo nero quando venne accusato di favoreggiamento nella strage di Peteano dalla quale uscì solo grazie ad una amnistia ad personam”.

“Non a caso – sottolineano – la delibera che istituisce il toponimo, contrariamente al solito, non porta indicazione circa i “meriti” della persona, segno evidente che la Giunta voleva tenere il più basso profilo possibile su un atto amministrativo di valenza politica anche clientelare”.

“Riteniamo pertanto non percorribile la strada di procedere all’intitolazione di toponimi o comunque di nomi di luoghi e strutture pubbliche ad esponenti politici portatori di idee riconducibili al disciolto partito fascista o a persone che si siano esposte con idee antisemite e razziali” concludono. “Parallelamente, agiremo in consiglio comunale per proporre il ritiro di questa delibera”.

 Lettera al PrefettoAl Signor Prefetto

S.E. dr. Donato Giovanni CAFAGNA

Prefettura di Verona

Via S. Maria Antica n.1

VERONA

 

Oggetto: Delibera Giunta Comune di Verona n. 3 del 8 gennaio 2020

Istituzione Toponimo “Giorgio Almirante”

 

Egregio Signor Prefetto,

con la delibera in oggetto la Giunta del Comune di Verona propone di intitolare una via o piazza a Giorgio Almirante segretario del partito politico MSI Movimento Sociale Italiano.

L’esame della proposta ha dato luogo ad un ampio ed approfondito confronto tra i componenti la competente Commissione, nel corso del quale sono stati messi in luce i molteplici aspetti della figura di Almirante, e, come è possibile comprendere dalla lettura del verbale e dalle dichiarazioni dei componenti in esso riportate, al termine le diverse posizioni non hanno trovato una visione unitaria.

La proposta alla votazione ha ottenuto la maggioranza dei voti favorevoli per l’istituzione di nuovo toponimo all’on. Giorgio Almirante riservando a successiva decisione l’allocazione sul territorio del toponimo medesimo.

E’ ora necessaria la Sua autorizzazione per l’istituzione di nuovi toponimi cittadini, così come prevista dalla Legge n. 1188 del 23 giugno 192

La documentazione a disposizione della Commissione Toponomastica del Comune di Verona risulta volutamente approssimativa e la proposta di intitolazione, non risulta esaustiva e rispondente alla realtà dei fatti.

Dopo brevi, e quindi non esaustive ricerche, ci permettiamo farLe presente quanto segue:

Almirante entra giovanissimo nei GUF (Gruppi universitari fascisti) e scrive sul giornale “Tevere”. Nel 1938 il suo zelo mussoliniano lo porta a divenire caporedattore del “Tevere” e segretario della redazione  “Difesa della Razza”, nelle quali pagine si teorizzava la liceità degli stermini  e dei  genocidi contro “le razze umane inferiori”. Quando l’Italia entra nella Seconda Guerra Mondiale, Almirante parte volontario per l’Africa Settentrionale, a sterminare “ i neri ”, a tentare di issare nelle terre africane la bandiera dell’imperialismo italiano. Dopo l’8 settembre, l’armistizio, sceglie la via mussoliniana e hitleriana dell’Italia di Salò e Fernando Mezzasoma – ministro della cultura popolare della cosiddetta Repubblica Sociale Italiana – lo elegge capo di gabinetto nel proprio ministero. E’ in questa veste  di capo di gabinetto che Almirante si distingue nella  sua azione volta alla repressione nazifascista della Resistenza, firmando ordini di fucilazione dei partigiani. Nel novembre del 1944, lascia il ministero e si arruola nelle bande fasciste che danno la caccia ai partigiani; partecipa a molte spedizioni “nere”, tra le più famose quella della Val d’Ossola.  Dopo un solo anno di clandestinità Almirante torna a Roma ( autunno del ’46) dove è tra i protagonisti della fondazione del MIUS ( Movimento Sociale Italiano di unità sociale).

Giorgio Almirante fu amnistiato solo perché ultrasettantenne dal reato di favoreggiamento aggravato agli autori della strage di Peteano, nella quale tre carabinieri furono fatti saltare in aria.  Almirante e Pascoli, incriminati per favoreggiamento dell’autore della strage di Peteano furono rinviati a giudizio insieme. Ma mentre Pascoli sarà condannato, la condanna di Almirante seguirà un corso diverso. Il capo dell’MSI godeva infatti dell’immunità parlamentare dietro la quale si trincerò perfino per evitare di essere interrogato. La tirò avanti per anni di battaglie nelle quali non fu mai in dubbio la sua colpevolezza, finché non intervenne un’amnistia praticamente ad personam, della quale beneficiava solo in quanto ultrasettantenne. Giorgio Almirante, l’uomo d’ordine, dovette chiedere per sé l’amnistia perché il dibattimento lo avrebbe condannato e ne beneficiò (mentre il suo complice fu condannato) per il reato di favoreggiamento aggravato degli autori (militanti e dirigenti del suo partito) di un attentato terroristico nel quale vennero uccisi tre carabinieri.

PER NON DIMENTICARE,  FRASI DI GIORGIO ALMIRANTE:

  • “Nel nostro operare di italiani, di cittadini, di combattenti – nel nostro credere, obbedire, combattere – noi siamo esclusivamente e gelosamente fascisti ”.
  • “Democratico è un aggettivo che non mi convince. Montecitorio è un’aula vile e incapace e se questa è la democrazia, io democratico non sono….e in Parlamento so stare senza cedere ai suggerimenti ed alle false tentazioni della democrazia”.
  • “Il razzismo è il più vasto e coraggioso riconoscimento di sé che l’Italia abbia mai tentato. Chi teme ancor oggi che si tratti di un’imitazione straniera non si accorge di ragionare per assurdo: perché è veramente assurdo sospettare che il movimento inteso a dare agli italiani una coscienza di razza […] possa servire ad un asservimento ad una potenza straniera”.
  • “Il razzismo ha da essere cibo di tutti e per tutti, se veramente vogliamo che in Italia ci sia, e sia viva in tutti, la coscienza della razza. Altrimenti finiremo per fare il gioco dei meticci e degli ebrei, che hanno potuto in troppi casi cambiar nome e confondersi con noi ”

 

Verona, città insignita della Medaglia d’oro al valor militare come: “Città di millenarie tradizioni risorgimentali, pur vessata da eserciti nemici e lacerata da operazione militari, nel corso di cruenti combattimenti e nei periodi di servitù, in 20 mesi di lotta partigiana. Verona testimoniò, con il sangue dei suoi figli migliori, nelle prigioni e sui patiboli, il suo indomito spirito di libertà, eroicamente sostenuta da persone di ogni categoria sociali ed associandosi idealmente a quei concittadini che, militari all’ 8 settembre 1943, si erano uniti ai resistenti locali in Francia, in Grecia, in Albania e in Jugoslavia. L’attività del Comitato di Liberazione nazionale rinvigorì le azioni di guerriglia in modo tale da suscitare sorveglianza e spionaggio delle varie polizie, tanto che, fatto eccezionale della lotta di Liberazione in Italia, uno ad uno i suoi membri, tra il luglio e l’ottobre del 1944, vennero catturati, torturati ed inviati nei vari campi di sterminio, dai quali non tornarono. Il 17 luglio del 1944 un gruppo di partigiani penetrò nel carcere degli “Scalzi” con l’obiettivo di liberare dirigenti del movimento antifascista nazionale. Tale contributo di sangue, i bombardamenti, le persecuzioni, le distruzioni di interi paesi, sia nella pianura che nelle valli prealpine, non scalfirono ma rafforzarono la lotta delle popolazione di Verona, degna protagonista del secondo Risorgimento Italiano -(Verona, settembre 1943-aprile 1945)-“ non riteniamo possa dedicare una via o una piazza a chi, con l’evidenza dei fatti,  ha agito contro i principi di democrazia e libertà.

Ci domandiamo e Le domandiamo con quale logica una persona che ha fatto propria la causa fascista vengano ora riconosciuti meriti da parte di una città, che ha combattuto il regime fascista.

Riteniamo non percorribile la strada di procedere all’intitolazione di toponimi o comunque di nomi di luoghi e strutture pubbliche ad esponenti politici portatori di idee riconducibili al disciolto partito fascista o a persone che si siano esposte con idee antisemite e razziali.

Infine, la delibera che istituisce il toponimo, contrariamente al solito, non porta indicazione circa i “meriti” della persona, segno evidente che la Giunta voleva tenere il più basso profilo possibile su un atto amministrativo di valenza politica anche clientelare.

Per quanto sopra  Le chiediamo di non concedere l’autorizzazione per l’istituzione del toponimo.

Distinti saluti

 

Verona, 22/1/2020                                                     Gruppo consiliare Partito Democratico Verona

Federico Benini

Elisa La Paglia

Stefano Vallani