Nuova Legge regionale sul gioco d’azzardo: in ritardo e lascia spuntate le armi in mano ai Comuni

Pubblicato da il 14 Ottobre 2019

 

Finalmente, dopo i primi timidi approcci del 2015 e 2016, che avevano portato ad inserire alcune norme in Legge di Stabilità regionale, anche la Regione Veneto prova ad affrontare organicamente la piaga del gioco d’azzardo e della proliferazione di macchinette mangiasoldi e di sale slot e scommesse. Lo fa con una Legge recentemente approvata, la numero 38 del 10 settembre scorso, che tuttavia presenta alcune criticità rispetto al ruolo dei Comuni.

 

Va detto innanzitutto che Zaia e la Lega si sono mossi con gravissimo ritardo, a mercato occupato e territorio già invaso, ben sapendo che la norma non può avere potere retroattivo. A differenze di regioni più virtuose come Liguria 2012 poi tornata indietro con la nuova Giunta, Emilia Romagna gennaio 2013, Lazio Agosto 2013, Piemonte Maggio 2016, Lombardia 2013, Toscana Gennaio 2018.

Novità pur interessanti sono le distanze di 400 metri della distanza minima dai luoghi sensibili da rispettare per aprire una nuova sala scommesse che uniforma piccoli e grandi comuni, o il fatto stesso di ricomprendere tra questi luoghi sensibili anche istituti finanziari e sportelli bancomat, oltre a scuole, chiese e altre 8 tipologie di luoghi pubblici, anche sono già sorti molti dubbi interpretativi sull’applicazione urbanistica e presta il fianco alla “microusura di giornata”, molto praticata in questo ambito.

Bisogna infatti sottolineare che per anni, specie nei piccoli centri, meno dotati finanziariamente, i Comuni sono stati lasciati soli nel compito improbo di arginare la diffusione di sale slot e scommesse, veicolate da grandi e potenti gruppi pronti a ricorrere contro ogni provvedimento amministrativo restrittivo o avverso.

 

L’aspetto però che lascia più perplessi i Comuni che, come quello di Verona, da anni sono attivamente impegnati nel contrasto alla ludopatia, e che riteniamo grave sia stato finora pubblicamente celato dall’assessore al commercio Zavarise, è che la Regione abbia deciso di avocare a se le fasce orarie di interruzione del gioco non includendole nell’articolo 6, sui poteri dei Comuni. Le ordinanze dei sindaci, che mirano alla tutela della salute, si basano sull’art. 50  del d.lgs. 267/2000 sovraordinata alla legge regionale, da qui la speranza di poterle comunque mantenere in vigore, nonostante si apra un’ennesima fase di incertezza normativa favorevole solo ai ricorrenti di professione.

 

All’articolo 8 della nuova legge regionale, inserito in aula con emendamento del relatore leghista Barbisan, si legge infatti che “La Giunta regionale, entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, adotta il provvedimento, sul quale acquisisce il parere della competente commissione consiliare, per rendere omogenee sul territorio regionale le fasce orarie di interruzione quotidiana del gioco” e al comma 2 la regione svela gli interessi che sta rappresentando chiedendo agli esercenti (non ai comuni!) gli orari desiderati. Quasi tutte le attività che finora hanno scritto ai comuni hanno indicato la chiusura solo a notte fonda, dalle 2 alle 8 del mattino circa.

 

La limitazione degli orari di apertura è uno dei più efficaci strumenti per arginare l’espansione delle sale da gioco che i Comuni si sono conquistati sul campo, impiegando risorse e resistendo a numerosi ricorsi. Alcuni lo usano con grande intelligenza come a Bergamo che impone tre interruzioni giornaliere, pause forzate a tutela dell’equilibrio psico-fisico dei giocatori patologici per  favorire il ricongiungimento familiare e un tempo per il riposo e i pasti. Pur riconoscendo che una certa uniformità territoriale sia vantaggiosa non è accettabile estromettere i Comuni dalla gestione di questo strumento. Questa limitazione di poteri per i Comuni si è già tramutata in uno stop nell’applicazione dei limiti orari in gran parte del territorio e un danno alle vittime del gioco e alle loro famiglie. Già 30 giorni di regalo alla lobby del gioco che crea dipendenza è stata fatta, chiediamo che la Regione si conformi agli esempi di limitazione oraria che hanno ridotto il gioco patologico.

 

 

Per il gruppo consiliare del Partito Democratico

Elisa La Paglia