Stop alle grandi opere, contiamo i danni
Il governo e il ministro delle Infrastrutture Toninelli hanno deciso di stoppare i finanziamenti a tutte le grandi opere già in corso o programmate.
Quali sono? Il tunnel del Brennero (appalti per un valore di 5,9 miliardi), pedemontana veneta (2,3 miliardi), alta velocità Brescia-Padova (7,7miliardi), Terzo Valico tra Genova e Milano (6,6 miliardi), oltre alla Torino-Lione.
Il ministro vuole rivedere il rapporto costo-benefici.
Sono passati solo sei mesi, ma i danni sono già molto visibili.
Infatti, una gran parte delle imprese di costruzioni sono in difficoltà ed alcune a rischio fallimento. Da analisi fatte, emerge che quindici delle prime 20 imprese italiane sono in stato pre-fallimentare o in forte stress finanziario perché le entrate previste sono bloccate, mentre le uscite nei confronti dei fornitori che continuano ad accumularsi stanno costringendo molti piccoli imprenditori a chiudere.
Ovviamente, si tratta delle aziende in grado di realizzare grandi opere.
Alle criticità già esistenti per la troppa burocrazia, foriera di centinaia di contenziosi giudiziari, si aggiungono i 21 miliardi bloccati sulle grandi opere in corso.
Il nostro Governo ha lasciato in cassa 150 miliardi disponibili già stanziati, di cui è stato speso, finora, meno del 4%. Soldi immediatamente utilizzabili: 60 miliardi del Fondo Investimenti e sviluppo infrastrutturale; 27 miliardi del Fondo sviluppo e coesione; 15 miliardi di fondi strutturali europei; 9,3 miliardi di investimenti a carico di Ferrovie dello Stato che controlla l’altra grande stazione appaltante del Paese, Rfi, Rete ferroviaria italiana; 8 miliardi di misure per il rilancio degli enti territoriali; 8 miliardi per il terremoto; 6,6 miliardi nel contratto di programma dell’Anas.
Ma il governo ha preferito fermare tutto, e attingere da lì i fondi per la riforma delle pensioni, il reddito di cittadinanza, la flat tax per le partite Iva.
Il costo del blocco è già costato 418mila posti di lavoro.